Digital hoardingL'ossessione dell'accumuloinveste anche il digitale

Una ricerca di un'università australiana rivela rischi del progresso tecnologico

Gli accumulatori compulsivi, che non riescono a disfarsi delle proprie cose e le accatastano ovunque, possono avere comportamenti tali anche nel mondo digitale. Secondo due ricercatori dell’università australiana Monash University, il cosiddetto “digital hoarding” può trasformarsi in una vera e propria malattia, che sembra colpire soprattutto le donne tra i 20 e i 30 anni.

La ricerca è stata presentata alla International Conference on Information Systems che si è svolta a San Francisco lo scorso dicembre. I ricercatori Darshana Sedera e Sachithra Lokuge hanno sottoposto 846 persone a questionari simili a quelli usati per diagnosticare gli accumulatori compulsivi, verificando il livello di stress provocato dal pensiero di dover cancellare dei contenuti. “L’analisi – scrivono i due ricercatori – ha rivelato che l’accumulo seriale digitale, simile a quello ‘tradizionale’, può causare alti livelli di stress personale”.

“La disponibilità e la relativa economicità di questi dispositivi hanno aperto la strada alla raccolta, che può diventare compulsiva, di potenzialmente infinite quantità di documenti, brani musicali, fotografie, video, email e pagine web”, si legge nel rapporto dei due studiosi.

Questo porta le persone all’ossessione di “digitalizzare” gli eventi più o meno significativi della loro vita quotidiana, come se un contenuto, un’emozione o un fatto esistesse soltanto se viene condiviso o salvato nei propri dispositivi. Soltanto su Facebook vengono caricate più di 300 milioni di fotografie al giorno, circa 136mila al secondo. E solo nel 2017 sono state scattate 4.7 miliardi di miliardi di immagini con gli smartphone.

I ricercatori si chiedono quindi se l’ossessione del “digital hoarding” possa essere definita un disturbo mentale. Nella ricerca sono stati individuati anche dei criteri diagnostici. Sarà compito degli psichiatri valutare se inserire la “malattia” nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM).

Laura Bonaiuti

Laura Bonaiuti è nata a Fiesole (Fi) nel 1992. La sua passione è il giornalismo in qualsiasi sua forma. Vuole raccontare storie su carta, online, in televisione, su youtube e potenzialmente dappertutto. Ha scritto, tra gli altri, per La Repubblica (cartaceo e online) e ha collaborato con il programma televisivo Matrix su Canale 5 a Roma, dove si è trasferita da agosto 2017. Fa parte della redazione del mensile cartaceo “The New’s Room”. Adesso è giornalista praticante presso LUMSA Master School dove studia nel biennio 2018-2020. Nel maggio 2015 ha pubblicato il romanzo “Se nessuno sa dove sei” con Edizioni Piemme e "Non c'è posto per me" nel gennaio 2020 con Giunti.