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Dopo la Consulta, due Italie spaccate sulla eutanasia

di Francesca Massimano03 Marzo 2022
03 Marzo 2022

“Violazione della tutela minima della vita umana”. Con questa motivazione, il 15 febbraio scorso, la Corte costituzionale ha bocciato il quesito referendario sull’eutanasia proposto dall’Associazione Luca Coscioni.

Il quesito proponeva di abrogare il primo comma dell’articolo 579 del codice penale che punisce con l’arresto l’omicidio di un malato grave, anche se consenziente. Pena aggravata, secondo il comma successivo, quando si è davanti a situazioni di infermità mentale o di impossibilità a esprimere la propria volontà.

L’eutanasia è un tema che spacca la società. La scelta di porre fine alla propria esistenza, per interrompere le sofferenze fisiche, divide da sempre chi reputa l’eutanasia una sconfitta per la società e chi invece si batte per affermare la libertà di scelta dell’individuo. Emblematiche sono le storie di “Mario”, Piergiorgio Welby, Fabiano Antoniani (noto con il nome di Dj Fabo), Giovanni Nuvoli, Mario Fanelli, Eluana Englaro e Patrizia Cocco che chiedevano allo Stato il diritto di morire a causa di malattie che a loro avviso toglievano dignità alla vita.

La legge in Parlamento

Intanto, in Parlamento è in discussione la proposta di legge firmata dal dem Alfredo Bazoli e dal 5Stelle Nicola Provenza sul suicidio medicalmente assistito, contro cui è schierato compatto il centrodestra ma anche gli stessi Radicali. Forza Italia, Lega e Fdi considerano questo testo troppo permissivo in quanto spianerebbe la strada all’eutanasia. I Radicali, invece, ritengono la proposta un passo indietro rispetto alla sentenza della stessa Corte sul caso Cappato – Dj Fabo.

La sovranità del Parlamento è fondamentale per trovare un punto di equilibrio tra le due posizioni. Lo stesso neopresidente della Consulta, Giuliano Amato, commentando la materia oggetto della proposta di referendum, ha chiesto che “se ne occupi il Parlamento”.  Non sarà un’operazione semplice, a giudicare dalle dichiarazioni rilasciate subito dopo la sentenza di martedì scorso.

Il dibattito dopo lo stop della Consulta

Francesca Re, dell’Associazione Coscioni che aveva proposto il referendum, afferma che quella della Corte “è stata una decisione sul merito” e in quanto tale non di sua competenza. “L’articolo 75 della Costituzione – afferma infatti Re – esclude dal referendum abrogativo solo le leggi tributarie, di bilancio, di amnistia, di indulto e di autorizzazione a ratificare trattati internazionali. Nel caso specifico, l’articolo 579 del Codice penale non ha nulla a che vedere con queste tre materie”.

Di parere opposto il presidente dell’associazione Scienza & Vita, Alberto Gambino.  “Il referendum è stato rigettato perché troppo esteso. Nel quesito referendario, infatti, venivano comprese anche una serie di debolezze e fragilità come gli stati depressivi e di sconforto”, che secondo il giurista potrebbero indurre chiunque a desiderare e chiedere il suicidio assistito. “La Corte avrà impiegato tre minuti a decidere l’inammissibilità”.

Laici e cattolici

Tira un sospiro di sollievo il mondo cattolico. Il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, plaude alla decisione della Corte di riconoscere come “costituzionalmente necessaria” la tutela minima della vita. “Il caterpillar referendario armato da quanti avrebbero voluto spalancare quasi integralmente le porte all’omicidio del consenziente l’avrebbe fatta a pezzi”, ha scritto in un suo recente editoriale. Nella tradizionale udienza del mercoledì in Vaticano, e più precisamente lo scorso 16 dicembre, anche il Papa ha affrontato l’argomento, pur senza mai usare la parola referendum. Francesco ha ricordato che “essere cristiano non è solo ricevere la fede, confessare la fede, ma custodire la vita”. Lo scorso anno, in più di un’occasione si era espresso sul tema dell’eutanasia, come quando l’ha definita “un crimine contro la vita, perché inguaribile non significa incurabile”. La posizione della Chiesa insomma è contraria alla normalizzazione della morte come via di fuga dal dolore fisico.

Polemica, di fronte alla sentenza della Consulta, la reazione dei sostenitori della “dolce morte”, che con Maria Antonietta Farina Coscioni, vedova di Luca, ribattono che è importante arrivare a una separazione tra Stato e religione: “Con mio marito ancora in vita, mi sono impegnata per liberare questo paese dai retaggi ideologici da cui è ancora oppresso, e che non vuole governare laicamente problemi e questioni che ognuno di noi vive ogni giorno”.

Quanto al consenso dei cittadini nei confronti dell’eutanasia, Gambino spiega che “non è misurabile” e parlando dell’esperienza della sua associazione all’interno delle strutture ospedaliere dice: “La percezione è che nelle corsie di ospedale non ci sia una richiesta di essere uccisi, ma una richiesta di maggiori cure, di maggiori terapie”. Una sintesi tra queste due Italie sembra ancora lontana.

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