Da sinistra: Leonid Slutsky, Nikolai Kharitonov, Vladislav Davankov, Boris Nadezhdin

I candidati alla presidenzadella Federazione russaoltre a Vladimir Putin

Tra i candidati non figura Boris Nadezhd individuato come leader dell'opposizione

Oltre a Vladimir Putin, altri tre candidati corrono per il Cremlino.

Leonid Slutsky (4 gennaio 1968)

Dal 2022 è alla guida del partito ultranazionalista LDPR, noto per appartenere all’estrema destra. Parlamentare dal 2003, è stato il primo vicepresidente della Commissione per gli Affari Internazionali della Duma di Stato, divenendo successivamente anche presidente

È preside del dipartimento di relazioni internazionali dell’Università statale di economia, informazione e statistica di Mosca. 

Il 17 maggio 2014, dopo il referendum sullo stato della Crimea, Slutsky è diventata una delle prime persone ad essere sanzionate dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama con il congelamento dei suoi beni e il divieto di entrare negli USA. Parimenti è stato sanzionato anche dall’Unione europea e dal Canada. 

Il 1 febbraio 2017, in quanto del presidente del Comitato per gli Affari Internazionali, ha intensificato i rapporti tra la Russia e la Siria. 

Nel 2018 è stato accusato dalla giornalista della BBC Russian Service Farida Rumastova, dalla produttrice di TV Rain Daria Zhuk, dall’ex giornalista di Kommersant Anastasia Karimova e dalla giornalista di RTVi Ekaterina Kotrikadze di molestie sessuali. Nel marzo dello stesso anno, dopo diverse pressioni, la Commissione etica della Duma di Stato ha esaminato le prove fornite da Rustamova, Zhuk, Karimova, Kotrikadze e Slutsky, scagionando quest’ultimo da tutte le accuse. 

A seguito dell’invasione dell’Ucraina è diventato uno dei membri della squadra negoziale russa. 

Nikolai Kharitonov (30 ottobre 1948)

È stato un esponente di spicco del Partito Agrario di Russia ed è tuttora membro della Duma di Stato. Già nel 2004 si è presentato alle elezioni sostenuto dal Partito Agrario e dal Partito Comunista. All’epoca molti osservatori lo percepivano come un candidato debole tanto che lo stesso cerchio politico di Putin credeva che avrebbe giovato alla loro causa, aumentando l’affluenza alle urne e indebolendo la quota di Sergey Glazyev. Cosa che effettivamente accade, Kharitonov arriva infatti secondo, guadagnando il 13,7% dei voti espressi. 

Nonostante abbia talvolta criticato alcune delle politiche interne di Putin, non si oppone all’invasione russa dell’Ucraina ragion per cui è stato inserito nell’elenco delle sanzioni decise da Regno Unito e Stati Uniti. 

Vladislav Davankov (25 febbraio 1985)

È vicepresidente della Duma di Stato russa dal 2021 ed esponente di spicco del partito New People. Alla vigilia dell’invasione russa dell’Ucraina, il suo partito è stato l’unico ad astenersi dal voto sul riconoscimento di Donetsk e Lugansk come stati indipendenti dell’Ucraina. Ciononostante, è stato inserito nell’elenco delle sanzioni del Regno Unito insieme ad altri legislatori. 

Nel 2023 si candida a sindaco di Mosca, ma, a causa di un uso controverso del voto online, raccoglie – almeno ufficialmente – solo il 5,38% delle preferenze. 

Nonostante abbia presentato la sua candidatura alle elezioni presidenziali 2024, ha firmato con il suo nome a sostegno della candidatura di Boris Nadezhdin, sostenendo che il paese dovrebbe consentire un ampio accesso al voto a tutti i candidati. 

Il 15 febbraio 2024 ha pubblicato il suo manifesto elettorale, chiedendo “pace e negoziati” riguardo alla guerra in Ucraina, che aveva però inizialmente sostenuto tanto da essere tra i destinatari delle sanzioni occidentali. Nel suo programma politico anche la fine della censura governativa descritta come una “cultura della cancellazione peggiore di quella sovietica”. Altrettanto critica la sua opposizione alla repressione degli oppositori al regime e forte, invece, il suo sostegno all’immunità dei giornalisti nei procedimenti giudiziari per proteggere la libertà di stampa.  Secondo la Novaja Gazeta, quotidiano indipendente russo, tra tutti i candidati è quello che Vladimir Putin e il suo entourage temono maggiormente non solo a causa delle sue posizioni liberali, ma anche e soprattutto in ragione della sua giovane età. 

Il grande escluso

Boris Nadezhdin (26 aprile 1963)

È stato deputato della Duma di Stato dal 1999 al 2003 e successivamente dal 2019 consigliere comunale a Mosca. Esponente di destra e politico di lungo corso negli anni è entrato sempre di più in conflitto con le posizioni del presidente Vladimir Putin, avvicinandosi al leader dell’opposizione Boris Nemtsov, assassinato nel 2015 a Mosca. 

Si è sin da subito opposto all’invasione dell’Ucraina, criticando aspramente nel settembre del 2022 i servizi segreti e chiedendo i negoziati per porre fine al conflitto. Più volte, inoltre, ha criticato la strategia militare del suo Paese sottolineando che non riuscirà mai a sconfiggere Kiev a causa dei suoi “metodi da guerra coloniale”. A causa di queste sue esternazioni, il propagandista del Cremlino, Vladimir Solovyov, alcuni giorni dopo ne ha chiesto l’arresto. Nel gennaio del 2023, invece, ha dichiarato che la “guerra è stato un errore disastroso”. Nel marzo dello stesso anno è stato messo a tacere, nel corso di un programma televisivo, per aver affermato che l’Occidente era più potente della Federazione russa.  

Più volte si è espresso a favore della liberazione dei prigionieri politici e ha definito le leggi contro il movimento LGBTQI+ “cose senza senso, da Medioevo”.

A novembre 2023 ha annunciato la sua intenzione di candidarsi alle elezioni presidenziali del 2024, ma la sua candidatura è stata bloccata dalla Commissione  elettorale centrale che ha riscontrato delle irregolarità nelle firme a suo sostegno. Il 15% delle firme, infatti, presentava, a parere della Commissione, irregolarità o apparteneva a persone morte. 

Maddalena Lai

Sarda, laureata in Giurisprudenza e aspirante giornalista. Mi piacciono la scrittura, la politica e i diritti. Ho una vocazione per le cause perse e le domande scomode.