Vladimir Putin, presidente della Federazione russa | foto Ansa

Putin, l'ultimo zari 24 anni da presidente della Federazione russa

Un passato da agente nel Kgb la fulminante ascesa politica

Pietrogrado. Leningrado. San Pietroburgo. La città che cambia nome insieme ai destini della Russia: il perduto potere degli zar, il ferro e il fuoco della Rivoluzione d’ottobre, il disfacimento dell’impero comunista. Come la si voglia chiamare, è la più grande città portuale della Russia a dare, nel 1952, i natali a Vladimir Putin, l’uomo che, in venticinque anni, ha plasmato al suo volere un paese e cercato di ridisegnare gli equilibri geopolitici mondiali. 

Il KGB 

Dopo la laurea in giurisprudenza nel 1975, Putin entra nei servizi segreti dell’Unione sovietica (Kgb). Nel 1985 arriva a Dresda, nella Germania dell’est, per la sua prima missione estera come agente del KGB. Quale sia stata la natura del suo ruolo è incerto. Alcuni sostengono che si limitasse a svolgere lavoro burocratico. Secondo altri, invece, è stato in contatto diretto con la Rote Armee Fraktion, un gruppo terroristico finanziato da Mosca per compiere attentati nella Germania occidentale. Quest’ultima teoria, tuttavia, non ha mai trovato conferma. 

Certo, al contrario, è il difficile epilogo dell’esperienza tedesca di Putin. Mentre l’Unione Sovietica trema sotto i colpi che radono al suolo il muro di Berlino, rimane nel suo ufficio a Dresda, intento a bruciare un’enorme quantità di documenti. 

L’esperienza del Kgb segna profondamente Vladimir Putin. Tanto che, alcuni anni dopo, la giornalista Anna Politkovskaja scrive “figlio del più nefasto dei servizi segreti del Paese, non ha saputo estirpare il tenente colonnello del Kgb che vive in lui”. 

L’ascesa politica 

Dopo la caduta del muro di Berlino e il disfacimento dell’Unione sovietica, la Federazione Russa è afflitta da una notevole incertezza politica e da un’ economia incerta e traballante. In questo contesto Putin inizia a muovere i primi passi in politica, dapprima in ambito regionale, e poi a livello nazionale. Nel 1996, infatti, entra nell’entourage del presidente Boris Eltsin e, nel 1998, viene nominato direttore dell’FSB, il più importante dei servizi segreti russi succeduti al KGB. 

Nell’agosto del 1999 Eltsin lo nomina primo deputato, il che gli consente di diventare primo ministro della Federazione russa. 

Il 31 dicembre 1999 Eltsin, sull’orlo di un processo per corruzione, rassegna le due dimissioni. In virtù della Costituzione russa, Putin diventa presidente ad interim della Federazione russa. L’anno successivo, a marzo del 2000, viene eletto presidente alla prima tornata. 

Gli anni della presidenza

Da quel momento in poi i destini della Russia si intrecciano indissolubilmente a quelli di Putin. Un ruolo quello di presidente che mantiene pressoché illimitatamente da allora, con l’eccezione degli anni dal 2008 al 2012, nei quali – non potendo candidarsi per un terzo mandato consecutivo a causa dei limiti presenti nella Costituzione – è sostituito da Dmitrij Medvedev. In questo periodo ricopre la carica di primo ministro, carica di cui ha provveduto a rafforzare le prerogative quando era ancora presidente.

Nel 2012 è rieletto con il 60% dei consensi, mentre nel 2018 viene rieletto con il 76,9%. 

Osservatori indipendenti e oppositori politici in più occasioni accusano Putin e la sua fazione politica di alterare i risultati elettorali a proprio favore e a scapito di persone o partiti ritenuti scomodi. 

Politica interna 

Nei primi otto anni del suo mandato, grazie al boom economico delle materie prime degli anni 2000 e a oculate scelte fiscali, la Russia attraversa un periodo di grande benessere economico, accresciuto anche dalle limitazioni al potere economico degli oligarchi. 

Una delle più grandi sfide dei primi anni della presidenza è il secondo conflitto ceceno, terminato nel 2009. Putin conduce la guerra con i separatisti con estrema brutalità. Una condotta che gli vale numerose critiche, soprattutto dalla giornalista Anna Politkovskaja che denuncia i crimini perpetrati dall’esercito russo e dal regime ceceno sostenuto dal Cremlino. 

Numerose sono le voci, tanto interne quanto esterne alla Russia, che lo accusano di limitare la libertà di espressione e di informazione, attraverso un controllo capillare dei media e alla repressione sistematica di qualunque forma di dissenso. 

Politica estera

In politica estera, invece, Putin predilige inizialmente un approccio distensivo sia con l’Unione europea che con gli Stati Uniti, rafforzando allo stesso tempo i rapporti con Cina e India. Tenta, poi, di rinsaldare i rapporti con gli ex paesi dell’Urss, in alcuni casi con ottimi risultati, come nel caso della Bielorussia. Distesi anche i suoi rapporti con l’Italia, facilitati soprattutto dal suo rapporto personale di amicizia con Silvio Berlusconi.

La pacificazione con gli USA, però, dura ben poco. I rapporti tra i due iniziano ad incrinarsi già nel 2003 quando Putin si oppone alla guerra in Iraq. Nel 2012 Putin accusa l’allora segretario di Stato USA Hillary Clinton di fomentare le proteste contro di lui. Un anno più tardi concede asilo all’informatico Edward Snowden, che ha fatto trapelare informazioni qualificate della NSA. 

Cerca inoltre di riaffermare il ruolo della Russia come potenza mondiale, ragion per cui, nel 2006, è fra i paesi fondatori del gruppo dei BRIC, che conta oltre alla Russia anche il Brasile, la Cina, l’India e il Sudafrica. 

Crimea e Ucraina 

Un discorso a parte, nell’analisi delle azioni di Vladimir Putin in politica estera, meritano la Crimea e l’Ucraina. 

In Crimea, regione ucraina, ha sostenuto militarmente le forze filo-russe, fino all’annessione, nel 2014, della regione alla Federazione Russa tramite un referendum i cui risultati non sono riconosciuti dalla comunità internazionale. Fin dall’inizio appare chiaro che le mire di Putin vanno ben oltre il Donbass è che il vero scopo della guerra è porsi in totale rottura con l’Occidente soprattutto per il suo status privilegiato sullo scenario geopolitico internazionale. Iniziano in quel periodo le sanzioni a carico della Russia da parte dell’Unione europea e degli Stati Uniti. 

Il 24 febbraio 2022 le truppe russe invadono l’Ucraina. Nelle intenzioni di Putin l’esercito dovrebbe giungere in pochi giorni a Kiev, riportando il paese sotto il controllo totale della Federazione russa. La sorprendente risposta Ucraina e il fermo sostegno militare e finanziario dell’Occidente trasformano, tuttavia, una spedizione militare di poche settimane in una vera e propria guerra, di cui le sorti sono ancora oggi incerte. 

Il culto della personalità

Come gli zar nell’antichità e i dittatori dei grandi totalitarismi del ‘900, Putin  costruisce intorno alla sua figura un vero e proprio culto della personalità. Un’operazione mediatica attenta e certosina che lo dipinge come un uomo forte, duro, coraggioso, inflessibile, con un fortissimo senso del dovere verso il proprio Paese. Celebri, in questo senso, i suoi ritratti a torso nudo a cavallo o i video che lo immortalano, dritto come un fuso, mentre a testa bassa rende omaggio ai militari caduti sotto piogge scroscianti. 

Maddalena Lai

Sarda, laureata in Giurisprudenza e aspirante giornalista. Mi piacciono la scrittura, la politica e i diritti. Ho una vocazione per le cause perse e le domande scomode.