I nuovi veleni nel PD, resa dei conti tra Renzi e Bersani e torna l’incubo della scissione

Lo scontro Renzi-Bersani ora investe anche l’elezione del capo dello Stato. O meglio, la nomina dei Grandi elettori delle Regioni che parteciperanno al voto per la scelta del successore di Napolitano. “Mi avrebbe fatto piacere essere tra i grandi elettori toscani, ma qualche telefonata da Roma deve averlo impedito” dice Matteo Renzi. Mi spiace soltanto, la doppiezza di chi parla in un modo e agisce in un altro – ha continuato il sindaco – Ai doppiogiochisti dico: forse non riuscirò a cambiare la politica. Ma la politica comunque non cambierà me. Io quando ho da dire qualcosa lo dico in faccia, a viso aperto e non mi nascondo dietro i giochini”. La partita si sposta quindi in ambito locale chiamando in causa il presidente della Regiote Toscana Enrico Rossi. “Posso garantire, per aver parlato con Bersani di questa vicenda – spiega il governatore – che la linea politica sua e del partito nazionale è sempre stata di considerare l’eventuale nomina di Renzi un fatto di esclusiva competenza regionale e credo anche giustamente perché, per quanto ci riguarda, appartengono al passato i tempi in cui un leader nazionale del partito determinava con una telefonata scelte e vicende locali”.
Nessuna ingerenza
. Nessun diktat da Roma, come invece pensa il sindaco. Il Consiglio regionale vota come annunciato Rossi e il presidente Alberto Monaci. Telefonate per bloccare Renzi? “Chiedete a Telecom, non ho fatto nessunissima telefonata e pregherei di credere che, con tutti i problemi che ci sono, l’ultimo problema è decidere dei 494 nostri grandi elettori chi sia l’uno o l’altro” dichiara in serata al Tg1 il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, in un’intervista in cui respinge ogni addebito rispetto al tempo trascorso dalle elezioni senza avere ancora un governo.
La paura della scissione. Eppure i veleni delle ultime ore sembrano accendere i riflettori su uno spettro che finora ha fatto paura solo nell’ombra e che prende corpo dalle parole dell’ex capogruppo PD Dario Franceschini, che ne ha parlato apertamente ieri alle “Invasioni Barbariche” della Bignardi: la scissione. La miscela di ex DC e ex DS sta reagendo in modo inaspettato ai problemi che il partito sta incontrando da mesi e le fibrillazioni a livello nazionale e locale stanno evidenziando un’atomizzazione dei gruppi diversi che si aggregano in base ai partiti di provenienza. Il problema non riguarda solo i renziani ma anche le manovre che si svolgono alla sua “sinistra” tra Stefano Fassina e Matteo Orfini, in avvicinamento a Vendola. Persino la candidatura di Fabrizio Barca ad entrare nel gruppo dirigente del PD viene letta come una mossa tesa a spostare l’asse dell’equilibrio verso Sel. L’effetto di questi riassetti rischiano di aumentare la tensione all’interno dei democratici che non negano il problema (anche Veltroni ne ha parlato recentemente in una lettera aperta al quotidiano La Repubblica); la conflagrazione iniziata dal magro risultato elettorale impone ora a Bersani di fornire una rosa di nomi per il Quirinale che non scontenti Berlusconi e non sottoponga il suo staff a scossoni ulteriori.

Marco Potenziani