Centinaia di migranti in attesa del trasferimento / Foto Ansa

Un altro giudice di Catania dice no ai trattenimentidi 6 migranti a Pozzallo

Il magistrato Cupri mette in risalto le problematiche del decreto Cutro

Ancora una bocciatura al decreto Cutro. Il giudice di Catania Rosario Cupri domenica 8 ottobre non ha convalidato i trattenimenti di sei migranti a Pozzallo, disposti dalla Questura di Ragusa. Sei provvedimenti distinti che trattano però casi simili e che dispongono l’immediata liberazione dei richiedenti asilo. Una decisione che sconfessa nuovamente il decreto Cutro, il quale prevede il trattenimento di richiedenti asilo provenienti da Paesi sicuri in attesa delle procedure accelerate di frontiera.

La scelta del magistrato Cupri è analoga a quella della collega Iolanda Apostolico che il 29 settembre aveva rigettato per gli stessi motivi una richiesta di fermo nei confronti di quattro tunisini, ospiti nel centro di accoglienza di Pozzallo. I due giudici, con le loro sentenze, hanno messo in luce le problematiche del decreto Cutro e evidenziato come le procedure accelerate di frontiera debbano essere fatte nel luogo di sbarco. Inoltre, i due magistrati sostengono come sia di fatto illegittimo il trattenimento immotivato e la richiesta di una fidejussione di 5.000 euro in cambio della libertà.

Uno dei migranti, a cui fa riferimento il procedimento, è un tunisino 37enne sbarcato il 3 ottobre a Lampedusa e poi trasferito a Pozzallo. Secondo il magistrato nel caso specifico, il trattenimento di un soggetto che richiede protezione internazionale costituisce una misura coercitiva e che può essere attuata  solo in presenza di particolari condizioni previste dalle legge, non presenti, secondo il magistrato in questa occasione. 

Guardando al passato, nel 2020 un giudice di pace non dà la convalida per l’espulsione del 43enne marocchino Redouane Moslli, che tre anni dopo, precisamente nell’ agosto di quest’anno ha ucciso Francesca Renata Marasco, una tabaccaia di Foggia. Quella decisione ha cambiato due vite e come spiegano oggi i tecnici del Ministero dell’Interno, se il marocchino fosse rimasto nel Cpr di Macomer, in Sardegna, sarebbe stato rimpatriato grazie agli ottimi accordi con il Marocco.