Mario Fusco Direttore del Registro tumori della Campania

"In un prossimo futuro una popolazionedi malati di tumori"

Mario Fusco (Registro tumori Campania): "L'età è il primo fattore di rischio"

“Una popolazione di malati di malati di tumore”, e un sistema sanitario pubblico “che inizia a scricchiolare” a causa del mancato turn-over. Questo è il quadro disegnato da Mario Fusco Direttore del Registro tumori della Campania. 

  Secondo l’Istat, il maggior numero di morti per tumore è concentrato nel centro-nord, mentre il sud e in particolare la Calabria ci sono meno decessi. Come mai?

“La prima causa di cancro è un fattore buono, ossia l’aumento dell’età media. Poiché il cancro è una patologia dell’età avanzata, nei bambini c’è un’incidenza molto più bassa. La Liguria è la regione più vecchia d’Italia per questo risulta avere molti più morti di cancro. Potremmo pensare che in Liguria si corrono più rischi di morire per un tumore. Non è vero. Per capire meglio si devono prendere in considerazione il numero dei morti standardizzato per età. In questo modo è possibile un confronto corretto tra regioni come la Liguria (con una popolazione anziana) e la Campania (con una popolazione molto più giovane). Dobbiamo sostanzialmente correggere i tassi di mortalità per età, eliminando in questo modo il bias dell’anzianità”.

Quindi l’età di per sé è un fattore di rischio?

“Esatto. Poiché per fortuna il numero dei sopravvissuti sta aumentando, è nata anche la legge sull’oblio oncologico. Tra poco avremo una popolazione di pazienti malati di cancro. Ma questo è un vantaggio, non uno svantaggio. Il sistema sanitario dovrà fare i conti con una popolazione sempre più numerosa, perché migliora la sopravvivenza. Un numero più alto di malati dovrà quindi essere supportato dai presidi sanitari. L’Italia, qui, deve correre”. 

C’è o ci sarà un problema di sanità per i malati oncologici?

“Qualche scricchiolio c’è già. Il nostro sistema sanitario è uno dei migliori in Europa e nel mondo, ma si vedono le prime crepe. Lo testimoniano le lunghe liste d’attesa. Sempre più persone optano per la sanità privata, ma il sistema pubblico è ancora valido. L’Italia ha un tasso di sopravvivenza ai tumori più alto del Regno Unito e della media europea.” 

Il numero dei medici oncologi presenti è sufficiente per farsi carico di questi malati?

“Non dobbiamo guardare solo il numero di medici ma anche il livello di prestazione, ed è questo che mette in crisi il sistema di assistenza e di sopravvivenza.”  

Si può spiegare meglio? 

“Alla comparsa del primo sintomo di un tumore del colon retto impiego tre-quattro mesi per poter fare una colonscopia. Nel frattempo però il tumore continua a crescere. La diagnosi anticipata di un polipo che può sanguinare permette di toglierlo prima che diventi canceroso. Non dobbiamo quindi guardare il numero degli oncologi, ma le liste d’attesa che costringono sempre più persone a orientarsi sulla sanità privata. Mentre una mammografia costa 150 euro, fare una PET TAC costa tra gli 800 e i 1200 euro. Questo fa sì che solo una parte della popolazione può accedervi. Ci deve inoltre essere rapidità e disponibilità del sistema sanitario a offrire e supportare il percorso oncologico dalla diagnosi in poi”.

Cosa è successo durante la pandemia? 

“La diminuzione degli screening durante la pandemia è stata importante. Bisogna recuperare rapidamente le attività, e richiamare tutti coloro che hanno saltato gli esami. I tumori non diagnosticati nel 2020 ce li troveremo in fase avanzata nel 2021.” 

A cosa sono dovute queste lunghe file d’attesa? 

“Il problema della penuria degli operatori sanitari è aumentato con il cambio generazionale. La legge italiana non permette un turn-over in tempi reali. Si parla non solo di mancanza di operatori, ma anche di mancanza di operatori formati. Non basta avere un radiologo che faccia le risonanze, ma serve un radiologo esperto nel decorso oncologico.  

Se manca personale le file non si allungheranno sempre di più?

“Sì. La Campania ha messo fondi dedicati, autorizzando il personale a fare, su base volontaria, più ore retribuite. Questo però è un tappabuchi per una fase emergenziale. Non potrà rimanere la norma. Il problema si risolverà con le assunzioni. Sempre più spesso però i giovani vanno nel privato. È quasi una scelta obbligata a causa delle assunzioni bloccate nel pubblico e il peggioramento delle condizioni di lavoro.”

Alessandra Bucchi

Sono laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali con una laurea magistrale in Conflitti, Studi Strategici e Analisi di Politica Estera. Ho anche fatto un tirocinio presso un'agenzia di marketing digitale.