Maglia nera per l’Italia per la spesa pubblica complessiva nell’istruzione, secondo i nuovi dati dell’Ocse, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, diramati questa mattina. Nel 2014 ha riservato il 7,1% della spesa delle amministrazioni pubbliche al ciclo compreso tra la scuola primaria e l’università, quindi il 4% del Pil, registrando un calo del 9% dal 2010.
Ma non è l’unico risultato negativo registrato dal rapporto “Uno sguardo sull’istruzione 2017 ”. L’Italia sarebbe anche penultima per numero di Neet, ragazzi tra i 15 e 29 anni non occupati né nello studio né nel lavoro, seguita solo dalla Turchia. I risultati peggiori in Campania, Calabria e Sicilia, dove è Neet più di un giovane su tre.
Anche il numero dei laureati sembra essere molto basso: appena il 18%, contro il 35% della media Ocse. I settori prediletti: belle arti, discipline umanistiche, scienze sociali, giornalismo e informazione. Nel 2016 si è registrato il 30% dei laureati nelle materie umanistiche, il numero più importante nell’area Ocse.
Male anche il dato sul conseguimento di una prima laurea, al 35%: il quarto più basso dopo Ungheria, Lussemburgo e Messico. Nel documento viene dedotta come motivazione la mancanza di lavoro: nel 2016 solamente il 64% dei laureati compresi tra i 25 e i 34 anni aveva trovato impiego. Le prospettive per i “dottori” sembrano essere meno che per i diplomati. Infatti ben il 53% degli studenti, secondo le previsioni, otterrà un diploma di scuola superiore secondaria a indirizzo professionale.
Buona invece la partecipazione alla scuola dell’infanzia, definita “quasi universale” per l’anno 2015. «I tassi d’iscrizione sono del 92% per i bambini di tre anni, del 94% per i bambini di quattro anni e del 97% per i bambini di cinque anni di età» si legge nel report. Nonostante le spese pubbliche in questo ciclo d’insegnamento siano rimaste basse: è stato impiegato solo lo 0,5% del Pil.