Mentre salgono le vittime del nubifragio di Livorno, si cercano le cause dell’ennesimo disastro idrologico. I danni della città toscana, di Genova e di tante altre città hanno mostrato un’evidente falla nell’urbanistica italiana. Si parla dei fiumi “tombati”, corsi d’acqua sotterranei cementificati, che durante i nubifragi esplodono con conseguenze distruttive e devastanti, in termini umani ed economici.
Il volume dei canali sotterranei non è più in grado di contenere l’acqua delle recenti precipitazioni. Bombe d’acqua, durante la quale il tasso di pioggia caduta è superiore alla norma. A Livorno sono caduti 230 mm di piogge in tre ore: una quantità che in genere si registra in uno o due mesi. Case e uffici ,in cui vivono persone e famiglie, diventano così le “vittime” dei fiumi tombati.
La cementificazione dei fiumi è un’invenzione francese. Durante il XXVIII secolo i corsi d’acqua erano fogne a cielo aperto. Per evitare cattivi odori ed epidemie gli ingegneri transalpini chiusero i canali cementificandoli. Con il passare degli anni le necessità cambiarono: negli anni ’60 e ’90 del Novecento i fiumi furono coperti per permettere l’edificazione di nuove costruzioni.
Oggi in Italia si parla di 12mila chilometri di corsi d’acqua “tombati”. A causa delle violente precipitazioni e della continua impermeabilizzazione del territorio i fiumi diventano delle bombe ad orologeria. “L’Italia è paragonata a un paziente con gravi problemi circolatori – ha spiegato a “La Stampa” Martina Bussetti, ricercatore dell’Ispra – a cui si applica uno stent per far passare meglio il sangue dove le arterie sono più strette. L’unica cosa che si può fare è tenere la situazione sotto controllo”.
A preoccupare di più è il Sud del Paese, dove le opere urbanistiche sono scarse e di qualità peggiore. Per la Bussetti non si può fare molto: “Canali di deflusso e alcune opere posso rimediare alle situazioni più gravi”. E c’è chi vorrebbe per le nostre città il modello tedesco, attraverso la rinaturalizzazione dei corsi d’acqua.