HomeEconomia La Commissione europea propone “Sure” contro la disoccupazione

Von der Leyen chiede scusa
Ora serve solidarietà in Ue
Commissione propone "Sure"

Contro la disoccupazione da Covid-19

Centro Livatino: "Rischio fuoco amico"

di Diana Sarti02 Aprile 2020
02 Aprile 2020

Scusateci è il titolo della lettera indirizzata all’Italia che Ursula von der Leyen, la presidente della Commissione europea, ha scritto agli italiani e che viene pubblicata da Repubblica. “Nei primi giorni della crisi, di fronte al bisogno di una risposta comune europea, in troppi hanno pensato solo ai problemi di casa propria” si legge. Un modo per mostrare solidarietà al Paese europeo che più sta soffrendo le conseguenze del Covid-19, ma questa volta non solo a parole: la Commissione europea ha proposto uno strumento che si chiama “SURE” per combattere la disoccupazione. È garantito da tutti gli Stati membri dell’Ue ed è volto a salvaguardare i posti di lavoro nei Paesi più colpiti dal Coronavirus, quali Italia e Spagna.

“Sure significa lavoro di breve durata sostenuto dallo Stato” spiega la presidente. In passato “ha mitigato gli effetti della recessione, ha mantenuto le persone al lavoro e ha permesso alle aziende di tornare sui mercati con rinnovato vigore. L’idea è semplice: se non ci sono ordini le aziende non dovrebbero licenziare i propri lavoratori, ma sfruttare il tempo a disposizione per fornire ai lavoratori, ad esempio, nuove competenze che andranno anche a beneficio dell’azienda. Così le persone possono continuare a pagare gli affitti e comprare ciò di cui hanno bisogno. Questo ha un impatto positivo anche sull’economia. Potranno tornare al lavoro non appena il blocco sarà terminato, quando la domanda riprenderà e così gli ordini. È fondamentale per riavviare velocemente il motore economico europeo” afferma von der Leyen.

Per aiutare finanziariamente i Paesi a sostenere i costi della cassa integrazione, la Commissione emetterà titoli garantiti dagli Stati membri sui mercati internazionali fino a un massimo di 100 miliardi di euro. I fondi raccolti saranno prestati a tassi molto favorevoli ai Paesi che li richiederanno. Servirà il via libera del Consiglio, dopodiché i Paesi dovranno stanziare a garanzia una cifra totale di 25 miliardi ripartita in proporzione alla grandezza delle rispettive economie. Così si attenuerebbero le tensioni attorno ai Coronabond a cui l’Italia sta comunque continuando a lavorare in vista dell’Eurogruppo del 7 aprile. In questa stessa data sarà presentato anche lo strumento Sure avanzato dalla Commissione.

Il commissario europeo agli Affari economici Paolo Gentiloni ha lavorato al fondo Sure insieme alla presidente von der Leyen. “È il primo passaggio simbolico, forse storico, verso la messa in comune dell’impegno attuale e futuro” dei diversi Paesi dell’Unione. “Qui stiamo parlando – ha affermato Gentiloni, ospite di Radio anch’io – di mettere insieme le forze economiche tra Paesi che hanno livelli di debito e di accesso ai mercati  diversi per una situazione di emergenza e questi Sure bond sono il primo esempio”. Lo stesso commissario ha ribadito di non fossilizzarsi solo sul Mes: secondo Gentiloni, anche la Banca europea per gli investimenti potrebbe aiutare a breve termine la liquidità delle imprese.

Nemmeno il tempo di avanzare la proposta che arriva subito l’obiezione dai giuristi,
avvocati e costituzionalisti del Centro Studi Livatino, che parlano del Sure come di un pericolo di “fuoco amico”: “Se fosse vero che allo Stato italiano è stato chiesto di garantire i prestiti europei depositando somme considerevoli (25 miliardi, pari all’intera somma stanziata dal DL Cura Italia), le condizioni sarebbero persino più gravose dell’emissione di debito pubblico nazionale: dovremmo forse emettere BTP per trovare le somme necessarie a garantire un prestito europeo?” si chiedono i giuristi.
”La prospettata somma complessiva di 100 miliardi, divisa tra tutti i Paesi europei – sostiene il Centro Livatino – rischia di essere davvero poca cosa per ciascuno, e se venisse confermato che vi sarà una correlazione tra quote di prestito e PIL, diventa concreta la prospettiva che la parte del leone in questi finanziamenti la facciano i soliti Stati, e non gli Stati più colpiti” concludono i giuristi.

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