Lo storico Miguel Gotor:“Azioni inquinanti svoltecon l'aiuto dello Stato"

La strategia della tensione ebbe inizio prima delle bombe di Piazza Fontana

«Il 1969 fu costellato da una ventina di attentati che non fecero morti.  Diciannove di essi sono stati attribuiti ai neofascisti di Ordine nuovo sia sul piano giudiziario sia su quello storico. Il 12 dicembre fu la prima strage, ma la strategia della tensione ebbe inizio il 25 aprile 1969 – una data evidentemente simbolica – con l’attentato alla Fiera campionaria di Milano, per il quale sono stati condannati i neofascisti veneti Franco Freda e Giovanni Ventura».

A cinquant’anni dalla strage di Piazza Fontana, assieme allo storico ed ex parlamentare di Leu, Miguel Gotor, abbiamo ripercorso le fasi iniziali della strategia della tensione che i movimenti eversivi di destra avevano messo in atto per creare terrore tra gli italiani durante gli anni di piombo.

Il terrorismo nero e quello rosso, ma anche quello anarchico avevano diversi modi di agire. Ci può spiegare quali erano?

«Le azioni anarchiche, che avevano un’antica tradizione nella storia d’Italia, erano generalmente di tipo dimostrativo o rivolte verso le cose od obiettivi simbolici. Quelle neo-fasciste usarono lo strumento della strage con bombe nelle piazze e sui treni con finalità stragiste, ma anche, dal 1976 in poi, gli omicidi selettivi in prevalenza con i Nar. Le azioni delle Brigate rosse, di Prima linea e più in generale del cosiddetto “Partito armato” usarono le armi da fuoco per colpire bersagli scelti come magistrati, giornalisti, avvocati, professori e politici.

Gli apparati dello Stato (servizi segreti, carabinieri e polizia) hanno incolpato, svolgendo il più delle volte una consapevole attività di depistaggio, gli anarchici delle stragi del periodo 1969-1974 per occultare la loro matrice nera, che è emersa soltanto dopo lunghissime indagini giudiziarie e grazie alle dichiarazioni del neo-fascista Vincenzo Vinciguerra, reo confesso dell’attentato di Peteano del maggio 1972, dove morirono tre carabinieri».

Cosa ha spinto i movimenti di estrema destra a compiere le stragi prima e gli omicidi poi?

«Le ragioni sono diverse, di tipo politico, culturale e religioso. Tra gli elementi più ricorrenti ci sono il superomismo, l’anticomunismo, il revencismo fascista, la lotta contro la democrazia e il parlamentarismo, i rapporti con centrali atlantiche e la cosiddetta “internazionale nera”, animata dalla Aginter Press di Yves Guérin-Sérac, che aveva come obiettivo quello di destabilizzare l’Italia per stabilizzarla in senso centrista e moderato».

Si è parlato tanto di infiltrazioni all’interno del terrorismo nero da parte della loggia massonica P2, di Cosa nostra. Lei cosa ne pensa?

«Per quanto riguarda la P2, un intervento di finanziamento e di supporto vi fu nella tentata strage di Vaiano del 1974 e in occasione dei depistaggi realizzati da Licio Gelli dopo la strage di Bologna nel 1980. La criminalità organizzata calabrese, ad esempio, svolse un ruolo nella strage di Gioia Tauro nel 1970».

Per quanto riguarda i depistaggi, si è sempre parlato di apparati deviati dello Stato. Generali infedeli, agenti dei servizi segreti che agivano per interessi diversi dalla tutela della sicurezza dei cittadini, etc. Secondo lei quanto invece il disegno eversivo era anche insito in alcuni ambienti del potere politico italiano?

«Le azioni di depistaggio e di inquinamento non furono svolte da “apparati deviati” come si vuole fare credere, una formula consolatoria e auto-assolutoria che punta ad assolvere i vertici degli stessi organismi responsabili di quegli atti. Uomini come Vito Miceli, Gianadelio Maletti o Federico Umberto D’Amato occuparono dal 1969 al 1974 i luoghi gerarchici più alti delle loro strutture. Erano nominati dai rispettivi ministri competenti dell’Interno o della Difesa e, ovviamente, godevano della fiducia dei diversi presidenti del Consiglio succedutisi in quel periodo. Costoro agirono per depistare o per ostacolare l’attività della magistratura, a seconda dei casi, con l’avallo delle forze di governo oppure potendo contare sulla loro omissione, in un quadro di protezione e di garanzia di tipo atlantico più ampio».

Mariacristina Ponti

Mariacristina Ponti nasce in Sardegna nel lontano 1992, dopo un diploma al liceo scientifico, decide di conoscere il mondo e di trasferirsi a Padova e, successivamente, a Roma. Le sue passioni sono la politica, il calcio, i nuotatori e la musica indie, ma solo quella vera. E Guccini, ovviamente.