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Così il terrorismo nero voleva cambiare l’Italia

di Mariacristina Ponti06 Dicembre 2019
06 Dicembre 2019

“Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli. Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore”. Pier Paolo Pasolini, dalle colonne del ‘Corriere della Sera’, il 14 novembre 1974 attaccava duramente il terrorismo nero e tutto quello che pensava potesse essere collegato: i generali, la Cia, lo Stato.

Il motivo per il quale il terrorismo nero, eversivo e di estrema destra, si era macchiato di tanto sangue innocente con stragi prima e omicidi poi, non è del tutto chiaro. Come non è chiaro ancora oggi il loro disegno, a cinquant’anni dalla strage di Piazza Fontana, considerata dal giornalista Indro Montanelli “la madre di tutte le stragi”. Dietro c’era forse un piano per tenere fuori dal governo il Partito comunista italiano e quindi scongiurare un allontanamento della Penisola dalla Nato e soprattutto dagli Stati Uniti, come possono rivelare i contatti con l’Aginter Press; c’era forse il progetto della creazione di un nuovo ordinamento statale, spiegando la vicinanza con la P2. Quello che è certo, invece, è il clima di tensione che, dalla fine degli anni Sessanta alla prima metà degli anni Ottanta, si respirava in Italia.

La strategia della tensione

Era il 14 dicembre del 1969 quando per la prima volta si parlò di strategia della tensione. Quella stringa di parole, diventata di uso comune, venne coniata da tre giornalisti, inviati a Roma e a Milano, del ‘The Observer’, settimanale londinese che usciva la domenica. La settimana prima, sempre sulle pagine del periodico inglese, Leslie Finer, riportando un rapporto segreto arrivato dalla Grecia, aveva ipotizzato che anche in Italia ci si stava preparando a una rivoluzione nera, grazie all’aiuto di cospiratori ellenici e a membri dell’Arma della nostra nazione. Neal Ascherson, Michael Davie e Frances Cairncross, dopo aver ripercorso le fasi dell’attentato alla Banca Nazionale dell’Agricoltura e aver ricostruito le prime indagini della polizia, ripresero l’articolo del collega e parlarono di “strategy of tension“ che, tuttavia, pare non essere iniziata con le bombe di quel tragico venerdì, ma molto prima. “Il 12 dicembre fu la prima strage con morti, ma la strategia della tensione ebbe inizio il 25 aprile 1969- una data evidentemente simbolica- con l’attentato alla Fiera campionaria di Milano”, spiega a Lumsanews lo storico ed ex parlamentare di Leu Miguel Gotor.

I protagonisti

Braccio destro teso e una formazione rigorosa per essere inquadrati. I movimenti neofascisti che animarono gli anni di piombo erano tanti, ma su tutti spiccano Ordine Nuovo di Pino Rauti, Franco Freda, Giovanni Ventura e Vincenzo Vinciguerra, Avanguardia Nazionale di Stefano Delle Chiaie e Adriano Tilgher, Fronte Nazionale del generale Junio Valerio Borghese (che il 7 dicembre del 1970 tentò il golpe, non riuscendoci).

In un primo momento, con bombe e attentati e soprattutto depistaggi, il terrorismo nero per anni è riuscito a rimanere impunito. “Gli apparati dello Stato (servizi segreti, carabinieri e polizia) hanno incolpato, svolgendo il più delle volte una consapevole attività depistante, gli anarchici delle stragi del periodo 1969-1974 per occultare la loro matrice nera, che è emersa soltanto dopo lunghissime indagini giudiziarie” racconta Gotor, che il 26 novembre ha pubblicato il suo ultimo libro “L’Italia del Novecento”, che ripercorre la storia italiana.

La seconda fase, arrivata dopo lo scioglimento per ricostituzione del Partito nazionale fascista di ON e AN, rispettivamente nel ‘73 e nel ’76, si contraddistingue per un nuovo modo di agire. I Nuclei Armati Rivoluzionari di Giuseppe Valerio Fioravanti, Francesca Mambro (condannati per la strage della stazione di Bologna del 2 agosto 1980) e Massimo Carminati, infatti, si allineano ai metodi del terrorismo rosso: non più solo bombe, ma anche omicidi di membri delle forze dell’ordine e magistrati, due su tutti Vittorio Occorsio e Mario Amato (entrambi stavano indagando sui rapporti tra terrorismo nero, loggia massonica P2 e criminalità organizzata).

Comprimari nell’ombra

Ma dietro i neofascisti c’era qualcun altro. “In quegli anni chi ha operato con attentati e stragi ha percepito di essere garantito, sotto il profilo della sua sicurezza e sotto il profilo dell’impunità dopo la commissione di tali episodi, da forze legate a servizi di sicurezza interni”, raccontava il 12 febbraio del 1997 alla Commissione parlamentare sulle stragi il giudice istruttorio che per ultimo si è occupato delle bombe di Piazza Fontana, Guido Salvini. “Non è Ordine Nuovo che deve cambiare lo Stato ma esso, con una catena di attentati, deve creare le condizioni affinché all’interno dello Stato qualcuno operi a cambiarlo” spiegava il gip. E qui il riferimento è proprio al presidente del Consiglio di allora, il democristiano Mariano Rumor, il quale avrebbe avuto il compito di decretare lo stato di emergenza e sciogliere le Camere per un insediamento più veloce di un regime autoritario.

Di pari passo alla connivenza statale, il terrorismo nero agiva con il benestare di altre organizzazioni come la P2 del maestro venerabile Licio Gelli, il cui obiettivo era quello di vedere realizzato il suo Piano di rinascita democratica; ma anche Cosa nostra e la ‘ndrangheta: “Per quanto riguarda la P2, un intervento di finanziamento e di supporto vi fu nella tentata strage di Vaiano del 1974 e in occasione dei depistaggi realizzati da Licio Gelli dopo la strage di Bologna nel 1980. La criminalità organizzata calabrese, ad esempio, svolse un ruolo nella strage di Gioia Tauro nel 1970”, spiega Gotor.

Le influenze straniere

Tornando alle rivelazioni di Finer su presunti aiuti dalla Grecia, gli ordinovisti (e chi per loro) probabilmente si muovevano intorno a una sorta di internazionale nera, l’Aginter Press di Yves Guérin-Sérac, tra i cui collaboratori figuravano anche Delle Chiaie, Vinciguerra e Pierluigi Concutelli, responsabile dell’assassinio del giudice Occorsio. Anche questo è stato ampiamente dimostrato dal giudice Salvini.

Se sugli obiettivi di quella che doveva essere un’agenzia di stampa non ci sono dubbi, diverso è il caso del rapporto che i terroristi neri avevano con la Nato. Infatti, secondo quanto rivelato dallo stesso Vinciguerra, l’Aginter Press era un centro eversivo internazionale, finanziato non solo dal governo portoghese, ma anche dai servizi segreti occidentali come la Cia.

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