HomeCronaca Mafia, scacco a Cosa Nostra tra Palermo e Milano: 91 in manette e 15 milioni sequestrati

Vasto blitz contro la Mafia
91 le persone in manette
C'è anche ex concorrente Gf

Sequestrati beni per 15 milioni di euro

Pm: "Volevano approfittare del Covid-19"

di Federico Marconi12 Maggio 2020
12 Maggio 2020

Gli affari sono sempre gli stessi, tra droga, mercati ortofrutticoli, cavalli dopati, riciclaggio, ma con un’emergenza sanitaria di cui approfittare. E sempre gli stessi sono i nomi, Ferrante e Fontana, famiglie molto conosciute a Palermo: sono a capo degli storici clan mafiosi dell’Arenella e dell’Acquasanta, i cui nomi si ritrovano già nei fascicoli del pool antimafia di Giovanni Falcone. Decimati negli anni dagli arresti, ma sempre in grado di rigenerarsi e di espandere gli affari, arrivando anche a Milano, nel cuore dei quartieri della moda, diventati il proprio quartier generale. Almeno fino al blitz di questa notte, con le forze dell’ordine – coordinate dalla procura palermitana – che hanno arrestato 91 persone in tutta Italia e sequestrato beni per 15 milioni di euro.

La Lombardia, dicevamo, come quartier generale. A Milano sono stati arrestati i fratelli Gaetano, Giovanni e Angelo: tutti e tre figli di don Stefano Fontana, uno dei fedelissimi del fu capo dei capi Totò Riina. In manette anche la moglie del boss dell’Acquasanta, Angela Teresi, e la figlia Rita.

In Lombardia gestivano anche l’ultimo investimento della cosca, la commercializzazione di cialde e capsule di caffè, insieme a degli “insospettabilI”. Tra questi anche Daniele Santoianni, già broker di una società fallita, conosciuto come concorrente del Grande Fratello 10: è accusato di essere prestanome dei boss e ingranaggio importante della macchina di riciclaggio architettata dalla famiglia di mafia.

A Palermo, invece, la polizia ha fermato tutti i fedelissimi del clan dell’Acquasanta, zona ovest della città: lì gestivano estorsioni, controllavano le gare all’interno di alcuni ippodromi, e si erano anche infiltrati in una cooperativa che lavora ai cantieri navali del capoluogo siciliano.

Proprio nel quartiere dell’Acquasanta, in vicolo Pipitone, aveva sede il covo dei killer di Riina: da lì partirono le persone che nel 1989 prima attentarono alla vita di Falcone, con le bombe dell’Addaura, e che poi uccisero il poliziotto Nino Agostino e la moglie incinta Ida Castelluccio.

I clan avevano infiltrato l’economia legale, e stavano cercando di approfittare della pandemia dovuta al coronavirus. Il gip che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare, Piergiorgio Morosini, ha rilanciato l’allarme: “I clan sono pronti ad approfittare della situazione attuale, sono sempre pronti a dare la caccia ad aziende in stato di necessità”, ha scritto nel documento. “Con la crisi di liquidità di cui soffrono imprenditori e commercianti, i componenti dell’organizzazione mafiosa potrebbero intervenire dando fondo ai loro capitali illecitamente accumulati per praticare l’usura e per poi rilevare beni e aziende con manovre estorsive, in tal modo ulteriormente alterando la libera concorrenza”.

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