"Negli anni c'è stata una deresponsabilizzazione del legislatore in Italia"

L'avvocato Marisa Marraffino a Lumsanews "Bisogna far parlare di più i bambini"

L’avvocato Marisa Marraffino, esperto in reati informatici, ha spiegato a Lumsanews l’importanza di un apparato normativo chiaro e univoco a livello mondiale per le piattaforme online.

A fronte dei recenti fatti di cronaca, pensa che parte del problema sia la mancanza di norme adeguate?

“Il problema è più ampio perché si deve capire qual è la responsabilità dei social: se si cercano le challenge su Tik Tok, queste vengono presentate come giochi, ma non lo sono e rappresentano situazioni che possono mettere a rischio i bambini. Quando segnaliamo questi contenuti alle varie piattaforme, non sempre vengono rimossi. Questo succede perché il giudizio di pericolosità di quel video spesso è affidato alle piattaforme, non c’è una legge che dica quali siano i criteri per i quali è obbligatorio che  intervengano. Il problema è che non c’è una normativa di fondo che coordini le responsabilità dei social”.

Come si deve affrontare la questione delle sfide online con i bambini?
“Oggi ci chiedono di raccontare i rischi della rete ai bambini. Io vorrei sfatare un mito, cioè che non è detto che dietro questi suicidi ci siano le sfide online, in Italia ci sono 500 suicidi l’anno di bambini. Il problema è che dovremmo far parlare molto di più i bambini”.

Quindi qual è il ruolo dell’adulto? 

“L’adulto deve ascoltare, soprattutto nell’età evolutiva del bambino che è l’infanzia. Se invece vado nelle scuole a raccontare questa realtà rischio di essere traumatizzante, anche perché non tutti i bambini si imbattono in quelle cose. A mio parere sono gli adulti ad essere inadeguati, sia nell’affrontare queste situazioni sia nella responsabilità che oggi si tende a perdere. L’adulto insegnante, l’adulto genitore deve essere molto umile nel capire che queste cose possono succedere, e possono succedere a tutti. Quindi il richiamo che dobbiamo fare è alla coscienza di tutti”.

Dal punto di vista normativo, può essere applicato il reato di istigazione al suicidio alle sfide online?

“A mio parere tecnicamente no. Dal punto di vista giuridico quella norma prevede che ci sia un ‘contributo agevolatore’ al suicidio e che ci sia anche l’intenzione di indurre una persona al suicidio. Manca proprio l’elemento materiale, oltre che soggettivo, del reato. Quelle sfide parlano sempre di ‘giochi’ e spesso compare proprio la scritta “state attenti, non lo fate”. Quindi, dal punto di vista di chi carica o condivide il video, ci si può difendere in giudizio. La piattaforma si può difendere con le stesse motivazioni”. 

Cosa propone per risolvere il problema dei minori in rete? 

“C’è stata una deresponsabilizzazione del legislatore. Nessuno in Italia ha fatto una disciplina organica. Non sono convinta che la strada penale sia l’unica soluzione possibile: ci potrebbero essere soluzioni più veloci come quella amministrativa, cioè creare un codice di autodisciplina per i social. Video del genere in televisione non andrebbero mai, quindi c’è proprio una differenza tra media”.