Non chiamateli fumetti

Il graphic journalism è un fenomeno in evoluzione nel mondo come nel nostro Paese. Precisamente si tratta di veri e propri reportage realizzati tramite i fumetti, seguendo quelli che sono i dettami del giornalismo. Il valore giornalistico di un fumetto è dare informazioni su qualcosa di cui si sa poco e deve esserci un valore narrativo altrimenti sarebbe solo giornalismo illustrato. Per realizzare una graphic novel con taglio giornalistico le regole da rispettare sono poche e semplici: un’evidente presa di posizione dell’autore, avere uno scopo informativo e non biografico e la ricerca di un rigore giornalistico (controllo delle fonti, rispetto degli intervistati, osservanza dei codici deontologici…). Il fumetto è stato disprezzato per molto tempo e a questo si deve, forse, la scarsa considerazione quando viene accostato a un mondo serio come quello del giornalismo. Infatti, il termine americano comics significa comico e anche quando le tematiche dei fumetti sono mutate è rimasto lo stesso. Tuttavia secondo Art Spiegelman, autore di Maus, i comics possono essere visti sotto un’altra luce: co-mics, una forma letteraria che mixa vari linguaggi. Il fenomeno del graphic journalism deve il suo successo ad autori d’oltreoceano come Joe Sacco o Guy Delisle e agli europei Art Spiegelman e Marjane Satrapi. La novità di Joe Sacco: parte perla Palestinasenza pregiudizi e al suo ritorno scrive un resoconto a fumetti assumendo una posizione filopalestinese. Delisle, invece, dopo essere stato a Pyongyang descrive tramite i fumetti la vita nella capitale nordcoreana. Di Spiegelman abbiamo citato Maus, graphic novel sull’olocausto dove i nazisti sono raffigurati come gatti e gli ebrei come topi ; la francese Satrapi con Persepolis testimonia la condizione della donna nell’Iran dei pasdaran. Nel nostro Paese, pur sviluppandosi solo negli ultimi 5 anni, ci sono stati segnali di graphic journalism sin dagli anni ‘70. Nel 1975 si ha quello che viene definito il precursore del graphic journalism italiano: in un libretto del partito socialista un giornalista dell’Avanti indagava sulla strage di Piazza Fontana. In questo caso però oltre ad essere l’opera di un partito, il fumetto conteneva troppe didascalie. Solo nel 1984 con Nicaragua di Riccardo Mannelli si ha il primo vero reportage italiano a fumetti. È di Claudio Colia l’idea di realizzare la prima intervista a fumetti, mentre Claudia Bardi e Gabriele Gamberini con il loro Dossier Genova G8 rendono notiziabile il rapporto della procura di Genova sui fatti avvenuti alla scuola Diaz. “Zona del silenzio” di Checchino Antonini e Alessio Spataro che raccontano il caso di Francesco Aldovrandi. Oggi la casa editrice Becco Giallo pubblica volumi con graphic novel di taglio giornalistico e la rivista Internazionale gli dedica uno spazio apposito. Recentemente sul Corriere della sera è stata pubblicata l’ultima opera di Delisle, “Cronache da Gerusalemme”.

Domenico Cavazzino