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Il docu-film sull’uomo
veloce come il Fulmine

Da oggi nelle sale “I Am Bolt”
Il docu-film sull’uomo
veloce come il Fulmine

di Gloria Frezza28 Novembre 2016
28 Novembre 2016

Nove medaglie d’oro, una vita dedicata alla velocità, signore incontrastato degli ultimi tre Giochi Olimpici: Usain Bolt si racconta, per la prima volta sugli schermi, nel documentario “I Am Bolt”. Da oggi in tutti i cinema italiani, la pellicola di Benjamin e Gabe Turner vuole raccontare l’uomo Bolt, celato dietro il grande campione. In serata la prémiere londinese a Leicester Square, alla presenza del cast e del protagonista. Sul red carpet, il giamaicano sarà affiancato da nomi importanti del mondo dello sport, come Pelè, Neymar e Serena Williams, presenti anche nel documentario.

Oltre le apparenze festaiole e vanitose dell’imbattibile Fulmine, si è sempre visto moltomv5bndhindewytqtnzy5mc00ywiwlwi5yjgtyzuxytvimtflnjdhxkeyxkfqcgdeqxvymte2oda5nzk-_v1_uy268_cr90182268_al_ poco. Impresa titanica quella di umanizzare una leggenda in meno di novanta minuti. Tuttavia, l’approccio familiare e quotidiano del film con la vita del velocista riesce a concedere davvero uno sguardo nuovo allo spettatore. Interviste senza fronzoli a chi gli è più vicino: i genitori, il manager, l’allenatore ed i compagni di squadra, che descrivono una personalità complessa, assetata in egual modo di gloria e normalità. La telecamera è un occhio attento che negli ultimi mesi ha osservato Bolt in ogni giornata, seguendo i durissimi allenamenti come i tranquilli pranzi in famiglia a Trelawny e i party esagerati.

Il ritratto che ne viene delineato è contraddittorio e forte. Il documentario non fallisce nella sua impresa di ricordare che nessun personaggio è immune alla debolezza umana. La vita di Usain Bolt, ricca di successi e rinunce, viene consegnata finalmente senza la patina delle riviste. L’atleta si è detto molto felice del risultato ottenuto dai registi. “Questo sono io – ha detto – So che molti pensano di conoscermi, ma forse solo così capiranno veramente cosa ho dovuto fare per arrivare dove sono ora”.

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