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Oltre la quarantena, la vita di tre italiane all’estero al tempo del Covid-19

di Diana Sarti24 Marzo 2020
24 Marzo 2020

Inizia oggi ‘Oltre la quarantena’ un racconto in tre tappe. Un filo rosso che lega Israele, Svizzera e Regno Unito. È la storia di tre italiane che vivono all’estero e hanno deciso di raccontarsi a Lumsanews per spiegare come sia cambiata la loro vita quotidiana al tempo del Covid-19. Il viaggio inizia da Tel Aviv.

 

È un sabato sera quando squilla il telefono di Antonella. Dall’altro lato della cornetta l’ambasciata d’Italia. C’è una comunicazione importante a lei indirizzata: per l’emergenza Coronavirus lunedì partono due voli da Tel Aviv. Sono diretti a Roma e Milano, e consentiranno il rimpatrio degli italiani che si trovano in Israele. Dopo questi due, non è in programma un altro collegamento aereo, potrebbero passare pochi giorni così come molte settimane. Meno di 48 ore quindi per prendere una decisione importante quanto improvvisa. “Rientrare a casa oppure restare. Ho scelto la seconda. Non so però tra le due quale sia la decisione più coraggiosa” racconta.

Riavvolgiamo il nastro. È il 27 ottobre quando Antonella Camerino, 25 anni e originaria della Puglia, arriva a Tel Aviv. Ha scelto Israele come sede per il suo scambio bilaterale, l’Erasmus in un Paese extra europeo. È una studentessa al secondo anno di laurea magistrale in Relazioni Internazionali, indirizzo Global Studies, alla Luiss Guido Carli di Roma. L’ateneo italiano ha una convenzione con l’Università israeliana IDC: la Interdisciplinary Center Herzliya che si trova a nord di Tel Aviv. La giovane studentessa, attraverso questa esperienza, vuole approfondire gli studi sul Medio Oriente e sulla sicurezza internazionale, in particolare i conflitti armati e il terrorismo.

“Quando sono partita per fare questa esperienza avevo programmato di rientrare tra fine marzo e i primi giorni di aprile, il periodo dopo la fine degli esami. Poi ho cambiato idea: volevo rimanere fino alla scadenza del visto, prevista per fine aprile, per vedere il Paese. In Israele questo è stato uno degli inverni più freddi e piovosi. Tra il maltempo e le lezioni all’Università non ho avuto modo di viaggiare” spiega Antonella.

Antonella Camerino, 25 anni, su una spiaggia di Tel Aviv. Foto dal suo archivio privato

Poi è arrivato il Coronavirus a cambiare le carte in tavola. A fine gennaio Israele ha interrotto i voli con Cina, Corea del Sud, Macao e Hong Kong. Tanto ai cittadini di ritorno quanto agli stranieri è stata imposta la quarantena. Dopo è toccato all’Italia: a quel punto Israele ha sconsigliato di fare viaggi nella nostra penisola. Alcuni italiani in entrata sono stati respinti alla frontiera. “Ero in contatto con una ragazza israeliana conosciuta all’università – racconta Antonella – Mi ha detto che doveva andare in Italia a fare un viaggio con la mamma. Alla fine però ha desistito perché non voleva dover andare in quarantena al rientro”.

Cinque italiani, tra cui due bambini, respinti dalle autorità israeliane all’arrivo all’aeroporto di Tel Aviv, a causa dell’emergenza Coronavirus, 27 febbraio 2020. Foto Ansa

“A inizio marzo alcune persone che non conoscevo hanno iniziato a farmi battute sul virus dopo aver capito la mia nazionalità. Una volta un signore che abita nel mio palazzo ha fatto il gesto della mascherina sulla bocca, dopo avermi chiesto di quale paese fossi. Però ho ricevuto anche tanta solidarietà”. Poi i collegamenti tra Israele e Italia sono stati sospesi. “Ho pensato al rientro. Non sapevo quando sarei potuta tornare a casa. Ero angosciata – racconta la 25enne – e spaventata. Mi preoccupavano le notizie dei tanti decessi in Italia. La mia famiglia però è della Puglia, lontana dai focolai”.

Quando il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha annunciato le prime misure di contenimento del virus, in Israele si festeggiava il Purim, il carnevale ebraico. “In Italia le restrizioni mentre qui, ho pensato, invece si faceva festa. Mi ha fatto paura la differenza nelle misure adottate nei due Paesi”. Ma i primi contagi arrivano presto anche in Israele, così come le prime regole per il contrasto: inizialmente era stato vietato l’assembramento di più di 100 persone nei luoghi pubblici al chiuso. Poi è stato decretato lo stato di emergenza fino a data da destinarsi, e le persone sono state invitate a restare a casa. In seguito le prime chiusure e il disorientamento per la cancellazione degli esami all’università.

Antonella Camerino durante una visita a Gerusalemme. Foto dal suo archivio privato

“Faccio parte di un gruppo di italiani qui in Israele. Ci sono studenti in scambio come me, altri che invece stavano facendo un tirocinio all’ambasciata, alla Camera di commercio italiana o all’Istituto italiano di cultura. A un certo punto, vista l’emergenza sanitaria in atto, hanno iniziato a pensare di voler rientrare in Italia. Anche perché la loro copertura sanitaria privata non contempla la pandemia: se si fossero ammalati qui, i costi quindi non sarebbero stati sostenuti dall’assicurazione” spiega Antonella, che invece è stata indecisa fino all’ultimo se tornare in Italia.

“Ero combattuta: se fossi tornata a casa sarei stata un potenziale pericolo per la mia famiglia. Temevo anche che il viaggio di ritorno sarebbe stato molto difficile perché, una volta arrivata all’aeroporto di Fiumicino, avrei dovuto raggiungere la Puglia e non so se sarebbe stato possibile. Il volo per l’Italia poi è commerciale, e il biglietto costava 350 euro senza bagagli” sottolinea la studentessa. Alla fine, nonostante il poco preavviso, tutti i ragazzi del suo gruppo sono partiti. Ma lei ha deciso di restare per cercare di portare a termine il suo percorso.

“Se fossi rientrata in Italia, avrei dovuto fare 14 giorni di quarantena. A Tel Aviv invece ho ancora relativa libertà. La mia esperienza non è ancora finita qui. Non voglio avere rimpianti. Ho anche un tirocinio all’International Institute For Counter-Terrorism da portare avanti. Penso che questo posto abbia ancora qualche cosa da darmi” conclude.

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