Pasolini, la sua Roma proletaria e borghese

Dal ghetto ebraico all’Eur, passando per Rebibbia e Pigneto. Sono questi i luoghi romani legati indissolubilmente alla figura di Pier Paolo Pasolini. Poeta, sceneggiatore, attore, regista, scrittore e drammaturgo, Pasolini ha avuto un rapporto con la Città Eterna molto controverso: le periferie ma anche i quartieri più borghesi sono stati la sua fonte di ispirazione. Ha vissuto la Capitale in età adulta, in un’epoca di grande trasformazione urbana, di rinascita artistica e di speculazione edilizia. “Una doppia Roma, con zone e priorità diverse”, come spiega il poeta e critico letterario Elio Pecora, che ha avuto modo di frequentarlo dalla seconda metà degli anni Sessanta. Tutt’oggi, a cento anni dalla sua nascita che cade sabato 5 marzo, la figura dell’artista bolognese mantiene un forte legame con molte zone e locali della città. 

Pasolini si trasferisce a Roma nel 1950, dopo essere stato espulso dal Partito comunista italiano (Pci) per “indegnità morale e politica”. La sua nuova vita ha inizio nel ghetto ebraico di Roma, nella sua prima abitazione in Piazza Costaguti, in cui vive in condizioni di miseria con la madre. Dopo pochi mesi si trasferisce in una borgata tra Ponte Mammolo e Rebibbia. Qui entra in contatto con la fascia popolare delle borgate e con il dialetto romano, che diventano la sua principale fonte di ispirazione letteraria e cinematografica: il quartiere di Pietralata fa da sfondo a “Ragazzi di vita”, “Una vita violenta” e “Mamma Roma”. 

“Era una Roma antica e popolare, prima dell’industrializzazione, non molto distante dal mondo che lui aveva vissuto in Friuli”, sottolinea Pecora. La casa in via Tagliere è oggi disabitata ed è stata messa all’asta, ma quest’ultima è andata deserta lo scorso 17 dicembre. L’intenzione del Comune è di farne una residenza temporanea per i vincitori di una borsa di studio dedicata allo scrittore. 

Nella zona di Monteverde, l’artista bolognese trova una sua stabilità e inizia a frequentare scrittori e registi, diventando parte integrante della vivace vita culturale della Roma degli anni Cinquanta. “Aveva davanti a sé una Roma che si portava dietro tutti gli strascichi del Dopoguerra ma si percepiva l’entusiasmo di una possibile rinascita”, da cui “è venuto fuori tutto il suo talento”, spiega Pecora. Ma bisogna spostarsi nella zona est della Capitale per trovare le tappe più simboliche dell’itinerario romano di Pasolini. 

Nel 1943 i bombardamenti che colpirono il quartiere di San Lorenzo trasformarono Tor Pignattara e via del Mandrione in vere baraccopoli: è dalla condizione disumana di quei luoghi che Pasolini racconta la contraddizione del boom economico dell’epoca. “Aveva un’idea molto sacra della vita e della dignità umana”, precisa il poeta. Negli stessi anni, inizia a scrivere “Petrolio”, un’opera rimasta incompiuta, le cui denunce sono tra i motivi alla base del suo omicidio. La sua assidua frequentazione della zona è testimoniata dalla presenza di numerose opere di street art, che continuano lungo via Casilina. 

Anche il quartiere Pigneto è una sorta di museo a cielo aperto: un’area proletaria della periferia romana degli anni Sessanta, prima che diventasse un centro di movida, giovane e multietnico. Il legame con lo scrittore si sente ancora nelle strade, nelle trattorie e nei bar dove passava le sue giornate – come il famoso bar Necci in via Fanfulla da Lodi – e che fanno da sfondo alle riprese del suo primo film dal titolo “Accattone”. 

Le ultime drammatiche scene della pellicola sono girate nel quartiere Testaccio. Un vivace rione storico, fatto di tratti antichi, edifici industriali e monumentali architetture contemporanee. Dalle sue numerose visite al Cimitero Acattolico, trova l’ispirazione per scrivere “Le ceneri di Gramsci”, in cui critica lo stato del comunismo dell’epoca, proponendone un nuovo modello. 

Il suo secondo film “Mamma Roma” è invece ambientato nel quartiere del Quadraro, una borgata abitata negli anni Sessanta da gente povera e sfollati. In quel periodo inizia, nelle vicinanze, la grande speculazione edilizia che determinerà negli anni successivi la creazione di nuovi agglomerati urbani e l’espansione verso i quartieri di Cinecittà e Don Bosco. 

L’ultimo decennio di vita, Pasolini lo trascorre in una zona alto-borghese, totalmente diversa da quelle vissute in precedenza: l’Eur. L’architettura razionalista del quartiere, con le sue strutture razionaliste e i suoi marmi bianchi, sembrano la forma più adatta per accogliere il suo periodo più tormentato. Negli stessi anni, continua però a scegliere le periferie come ambientazione delle sue opere: via Portuense – simbolo della rapida e profonda trasformazione della città in “Accattone” e “Una vita violenta” – fa da cornice a “Uccellacci e Uccellini”, il film con Totò e Ninetto Davoli. 

Insieme all’attore calabrese, Pasolini consuma la sua ultima cena nella trattoria “Pommidoro” a San Lorenzo, la sera del primo novembre 1975. All’interno del locale è ancora appeso l’assegno con il quale l’artista ha pagato il conto. Il giorno seguente viene ritrovato il suo corpo privo di vita nel litorale di Ostia, travolto dalla sua stessa macchina. “Ero con Alberto Moravia e siamo andati insieme all’Idroscalo”, racconta Pecora. Un mistero che non verrà mai del tutto risolto, nonostante l’arresto del giovane Pino Pelosi. Nel luogo dell’omicidio è sorto nel 2017 un parco letterario a lui dedicato, oltre a un sentiero che parte dal ponte monumentale di Mezzocammino e arriva all’Idroscalo di Ostia. 

La più grande eredità che ha lasciato l’artista è stata “la capacità infinita di cercare e riflettere sulle vere ragioni dell’esistenza umana”, dichiara Elio Pecora, sottolineando come Pasolini abbia raccontato “quelli che sono tuttora i mali della nostra società e dell’Italia”. Un addio arrivato fuori dalla Roma che ha fatto da palcoscenico alla vita e alle opere del genio Pasolini, lasciando tracce profonde nella sua produzione artistica e conservando intatta la sua memoria per le strade della Capitale.