La psicologa Rosa Maria Quatraro

"Difficile chiedere aiutoma può servire alle mammeper tornare a sentirsi bene"

La psicologa Rosa Maria Quatraro "Il supporto è importantissimo"

Rosa Maria Quatraro è una psicologa e psicoterapeuta fondatrice e responsabile clinica di “Maternità in difficoltà – Mamme in mente, Bimbi in mente”, un contenitore di servizi psicologici, psicoterapeutici  pensato per le a donne, sia durante la fase di  transizione alla genitorialità che nel lungo percorso di crescita del genitore e del bambino. Nella sua intervista a Lumsanews ha descritto le difficoltà che alcune donne vittime di violenza ostetrica possono vivere dopo il parto .

Quali sono le conseguenze psicologiche per le donne vittime di violenza ostetrica?

“Quando si crea una situazione di questo tipo c’è un vissuto traumatico,  la mente di chi vive questi eventi registra un pericolo e si scatenano tutta una serie di reazioni  emotive, cognitive ma anche corporeee. Inoltre può essere considerata violenza anche quella psicologica v, vessazioni, maltrattamenti psicologici, svalutazioni possono avere un impatto altrettanto pesante di una violenza fisica. Quando la mente si sente sopraffatta sia per un pericolo fisico che per maltrattamenti psicologici di fronte a cui ci si sente vulnerabili ed impotenti, si innescano tutto una serie di manovre difensive. Quelle immediate possono essere lo shock,  l’estrema ansia ma anche il distacco emotivo, il “congelamento”, l’amnesia. Ricordiamoci però che, soprattutto per i traumi relativi al parto, non è solo il fatto che oggettivamente sia successo qualcosa di grave ma è come la persona soggettivamente ha vissuto quella situazione che può fare la differenza”.

Come cambiano le reazioni delle vittime?

“Alcune donne riescono in maniera autonoma ad ammortizzare il colpo elaborando quello che è successo, per altre donne invece può essere molto difficile andare avanti. Possono insorgere dei veri e propri disturbi nel post parto. Il primo è il disturbo post traumatico da stress, ma si può evidenziare anche una situazione depressiva, attacchi di panico, problemi nell’intimità e nella sessualità, problemi anche a connettersi con il bambino”.

Questo tipo di trauma può andare ad inficiare la relazione che si crea con il bambino ?

“Sì, però non dobbiamo entrare in quella che io chiamo “la dinamica del danno”. È chiaro che se c’è stato un parto traumatico entrare in contatto con gli aspetti di fragilità che il neonato sollecita in maniera profonda in ciascuno di noi può creare molto turbamento e in questo senso ci può essere una difficoltà a stare nella relazione col bambino però è importante tenere presente che esiste la possibilità di riparare dal punto di vista emotivo e tornare ad avere una vita soddisfacente. Farsi aiutare da uno psicoterapeuta è importantissimo”.

Voi come professionisti cosa consigliate alle donne vittima di violenza ostetrica?

“Prima di tutto di non sentirsi vittime. Ciò che è accaduto per quanto doloroso e difficile è importante che possa con il lavoro terapeutico rimanere una brutta esperienza del passato. È qualcosa che rimarrà nella memoria ma per quanto negativa,  esiste quella che viene chiamata  crescita post traumatica cioè la possibilità, attraverso l’aiuto di uno psicoterapeuta specializzato, ed è importantissimo  di farsi aiutare a elaborare quello che è successo,. Ognuno di noi ha le sue cicatrici ed è importante poter lavorare per integrarle”.

Si potrebbe dire che i ritmi ospedalieri provocano nell’operatore una mancanza di empatia con la paziente?

“Non è un discorso azzardato. Sappiamo che certi ritmi nel lavoro di assistenza possono portare al burnout. Tante volte gli operatori non si rendono conto di causare traumi proprio perché da un lato le persone sono tutte diverse – ci vorrebbe  un’ assistenza maggiormente attenta alle caratteristiche dei singoli individui e della loro reattività emotiva – dall’altro perché le strutture sanitarie, sotto organico e con ritmi serrati, non aiutano a creare una relazione empatica tra pazienti e personale sanitario. Questo chiaramente non esime l’operatore dalle sue responsabilità, è chiaro che maltrattamenti psicologici o fisici non dovrebbero esistere e le strutture sanitarie dovrebbero impegnarsi adeguatamente e capillarmente per rilevare,  prevenire  e sanzionare queste  situazioni”.

Beatrice D'Ascenzi

Nata a Roma, mi laureo prima al Dams in Cinema, Televisione e Nuovi media e successivamente mi specializzo in Informazione Editoria e Giornalismo presso l’Università Roma Tre. Amo il cinema, la storia latino-americana e il giornalismo radiofonico, che spero riesca a placare la mia costante necessità di parlare. Di me dicono che sembro uscita da un romanzo di Gabriel García Márquez.