Francesca Romana Marta

"Abbiamo bisogno di maggiori investimentinella santità pubblica"

L’attivista di “Save the children” “Violenza anche dopo il parto”

Francesca Romana Marta è un’esperta di infanzia e ricopre il ruolo di responsabile del programma Fiocchi in Ospedale di Save the Children Italia. Nella sua intervista a Lumsanews ha descritto la necessità di una maggiore umanizzazione del sistema sanitario pubblico, illustrando le criticità dell’attuale organizzazione sanitaria.

Qual è la sua definizione di violenza ostetrica?

“La violenza ostetrica non è una violenza praticata dalle ostetriche come si potrebbe interpretare – ed è una delle ragioni per cui questa categoria è particolarmente ostile all’utilizzo di questa espressione – ma è piuttosto la violenza che le donne possono subire durante durante la gravidanza, il parto e il post parto. Succede a causa di un deficit della cultura assistenziale e organizzativa del sistema sanitario. Quindi è una violenza che si esprime molto spesso all’interno delle strutture ospedaliere, all’interno degli ambulatori e all’interno delle strutture consultoriali. È una violenza che si manifesta considerando la donna solo un contenitore. Non esiste più la persona. Ma esiste solo la gravidanza”. 

Secondo lei, da un punto di vista sociale, quali sono le cause della violenza?

“Purtroppo non sono ascrivibili a cattivi comportamenti individuali quanto piuttosto a una difficoltà di organizzare il sistema sanitario in base ai suoi principi ispiratori, cioè l’equità, l’universalismo, ma soprattutto la sicurezza unita all’umanizzazione. Cioè non basta che il sanitario guarisca il corpo, è necessario che accolga la persona riducendo per quanto possibile la sua sottomissione alle regole organizzative. Per cui ad esempio, il fatto che una donna debba subire un cesareo solo perché i tempi di permanenza del ginecologo e dell’ostetrica dentro quella struttura sono limitati, e quindi preferiscono fare un intervento che sanno che durerà solo quei 20-30 minuti, è un chiaro esempio di violenza ostetrica. È un difetto di sistema, non è un difetto di persone”. 

Secondo la vostra esperienza la violenza ostetrica è un fenomeno trasversale o colpisce un certo tipo di donna?

“No, direi che è un tema trasversale. Colpisce indifferentemente tutte le donne che entrano a far parte del circuito sanitario. Quello che fa la differenza sono gli strumenti per reagire. Ci sono donne in grado di tutelarsi, che riescono a reagire in maniera appropriata e delle donne che sono invece particolarmente vittimizzate ad esempio le donne straniere, per le quali molto spesso partorire in un contesto sanitario è anche un elemento di novità, non conoscono bene la lingua e vengono trattate come un corpo dal quale deve uscire un altro corpo nel tempo più rapido possibile con meno effetti collaterali possibili”. 

Ci sono effetti per i bambini figli di vittime di violenza ostetrica? 

“È evidente che una mamma che vive il suo percorso di travaglio e di parto in maniera traumatica e non accogliente sarà una mamma che tendenzialmente avrà uno stress e un coefficiente di ansia o di disagio psico sociale più elevato. Quindi è chiaro che tutti questi effetti di tipo psicologico e di tipo emotivo se non trattati possono produrre degli effetti negativi sulla serenità della mamma e di conseguenza sul benessere del bambino”.

Secondo voi cosa può aiutare ad arginare il fenomeno e a combatterlo?

“La linea di comportamento che dovrebbe portare a migliorare questo tipo di situazione è un investimento serio sull’organizzazione del modello di cura pubblico. Se ci fosse una medicina territoriale più attenta, in grado di accompagnare le donne e i nuclei familiari di futuri genitori offrendo loro appoggio, consapevolezza e supporto e se ci fosse una costruzione di team multi professionali durante il momento del travaglio e del parto sicuramente questo potrebbe migliorare di gran lunga la la condizione  di benessere e la riduzione della violenza. Purtroppo o si investono risorse oppure è difficile che questo avvenga per miracolo”.

 

Beatrice D'Ascenzi

Nata a Roma, mi laureo prima al Dams in Cinema, Televisione e Nuovi media e successivamente mi specializzo in Informazione Editoria e Giornalismo presso l’Università Roma Tre. Amo il cinema, la storia latino-americana e il giornalismo radiofonico, che spero riesca a placare la mia costante necessità di parlare. Di me dicono che sembro uscita da un romanzo di Gabriel García Márquez.