Un'app che traccia i contagiarrivate già 270 proposteSoro: "No dati ai privati"

Il governo studia il "modello coreano" Provenzano: "Privacy sarà rispettata"

Rinunciare alla propria privacy per tutelare la salute, propria e degli altri. Una questione che sta facendo discutere molto in questi giorni, in cui il Governo sta considerando di adottare il “modello coreano” per fronteggiare l’epidemia di coronavirus. Un modello che implica l’utilizzo di una app da installare sui propri dispositivi, che permetterebbe di comunicare sintomi e positività del tampone, ma soprattutto di tracciare i propri spostamenti. Lo scopo è identificare subito nuovi possibili focolai e mettere in isolamento i contagiati o chi potrebbe esservi entrato in contatto. In Corea del Sud ha funzionato, riducendo esponenzialmente il numero delle persone infette: nel paese asiatico sono “soltanto” poco più di 8mila, con meno di cento morti.

“Se si farà, si rispetteranno i diritti di tutti i cittadini”, ha dichiarato questa mattina il ministro per il Sud Giuseppe Provenzano, rispondendo a chi parla di “Grande Fratello” di Stato. Diritti che però possono essere sospesi per contrastare l’epidemia: “Se è in gioco la salute del Paese, un’interesse superiore, si può derogare alla tutela della privacy”, ha affermato a La Stampa il Garante dell’Autorità per la protezione dei dati personali Antonello Soro. “I giganti del web – ha proseguito – possono aiutare a controllare il virus. L’importante è che i dati utilizzati rimangano in mano pubblica”.

Il governo ha chiamato le imprese digitali a presentare, entro giovedì, app e software: a oggi sono più di 270 le proposte. “Stiamo cercando applicazioni per il tracciamento che prevedano il consenso volontario da parte di chi le utilizza”, ha detto la ministra dell’Innovazione Paola Pisano. “Chiederemo la rinuncia alla privacy soltanto se questa ha un impatto forte sulla salute dei cittadini”, ha aggiunto.

Le regioni intanto si muovono in ordine sparso: la Sardegna ha annunciato lo sviluppo di un’applicazione per il tracciamento. Ma sull’efficacia dell’adozione del “modello coreano” ci sono dei dubbi da parte della comunità medica: “Tracciare la malattia con un’app ha poco senso adesso che i contagi sono così elevati”, ha spiegato Antonio Capone, professore di telecomunicazioni alla Università Statale di Milano. “Potrebbe essere più utile dopo, per i contagi di ritorno”.

Federico Marconi

Roma, 1993. Dopo la maturità scientifica abbandona i numeri per passare alle lettere: prima di approdare alla Lumsa studia storia contemporanea a La Sapienza e giornalismo alla Fondazione Basso. Ha prodotto un web-doc per ilfattoquotidiano.it e collabora con L’Espresso