Il fast fashion minaccia le imprese italiane ed europee. È necessaria un’azione legislativa per arginare il problema, come spiega a Lumsanews il responsabile nazionale Cna Federmoda Antonio Franceschini.
A livello di import, quanto il fast fashion sta impattando sull’Unione europea?
“Nel 2024 si calcola siano entrati nel mercato dell’Ue circa 4,6 miliardi di spedizioni di modesto valore ( pari o inferiori a 150 euro), l’equivalente di 12 milioni di pacchi al giorno. Una cifra raddoppiata rispetto all’anno precedente. Un fenomeno preoccupante che implica problematiche di vario genere ed è particolarmente alimentato dall’espansione delle piattaforme di e-commerce extra Ue”.
E in Italia cosa sta succedendo?
“C’è la progressiva chiusura nei centri urbani, in tutta Europa, degli esercizi commerciali soprattutto multimarca, bacino di riferimento proprio per le produzioni dei piccoli brand Made in Italy. Tutto questo sta impattando pesantemente sul nostro sistema, secondo gli ultimi dati diffusi dall’Istat, nei primi 8 mesi del 2025 la produzione del settore è diminuita del 6,6% sullo stesso periodo del 2024 mentre nell’intero 2024 si è registrata una caduta del 10,5% sul 2023.”
Secondo quanto registrato dall’osservatorio, come stanno cambiando le dinamiche del mercato per le piccole e medie imprese artigiane della moda?
“Nei primi sette mesi del 2025, la filiera della moda ha accusato variazioni cumulate negative sia per la produzione che per le esportazioni che appaiono preoccupanti se confrontate con quelle registrate dai comparti manifatturieri nel complesso. Sul lato produzione, infatti, registriamo un -7,1% contro il -1,5% riferito all’intera manifattura, mentre sul lato esportazioni -2,9% contro il +2,8% riferito all’intera manifattura”.
Cosa ha causato questi cambiamenti?
“L’aumento della popolazione anziana e la sostituzione dei redditi da lavoro con quelli da pensione ridurrà sempre più la frequenza con cui i consumatori italiani aggiorneranno i loro guardaroba. Nonostante ciò, l’apprezzamento per il settore moda è globale ed è legato soprattutto alle produzioni di fascia alta in grado di coniugare qualità e unicità del prodotto. Le imprese artigiane capaci di presidiare stabilmente i mercati esteri sono la garanzia per la continuità del settore”.
Quali interventi potrebbero attuare le istituzioni per tutelare le imprese artigiane italiane?
“Su questo fronte deve trovare spazio oltre all’azione legislativa un ‘patto di filiera’ tra tutti i rappresentati del mondo imprenditoriale che veda partecipi brand, fornitori e conto terzi in un’ottica di tracciabilità e sostenibilità economica che possa garantire il giusto valore ad ogni anello della catena di fornitura. Deve inoltre essere riconsiderata l’applicazione della Legge sulla subfornitura – la 192/98 – che già contiene interessanti profili di responsabilità. Il disegno di legge che è stato recentemente illustrato dal ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso dovrebbe certificare la legalità e sostenibilità delle aziende terziste”.


