Referendum
Come cambia
il Senato

La data del 4 dicembre si avvicina e l’Italia manifesterà finalmente la sua propensione per il Sì o per il No. I cambiamenti alla Costituzione non sono pochi e si accompagnano ad una nuova legge elettorale, l’Italicum, in vigore dal luglio 2016. La riforma va a modificare molti articoli della nostra Costituzione, in tutto 47 su 139. I detrattori della legge accusano la riforma di stravolgere l’assetto istituzionale del Paese, mentre gli esponenti del fronte del Sì sostengono si tratti del semplice compimento di numerose proposte di riforma in discussione da decenni.

Lumsanews ha intervistato Antonio Baldassarre e Angelo Rinella, due importanti costituzionalisti italiani. Il primo è presidente emerito della Corte Costituzionale, nonché uno dei firmatari dell’appello dei 56 costituzionalisti per il No; il secondo è professore di Diritto costituzionale italiano e comparato presso l’università di Roma LUMSA, firmatario, invece, del manifesto degli oltre 180 costituzionalisti per il Sì. Specificamente, approfondiamo uno dei temi nodali di questa riforma: le modifiche al Senato.

La composizione del nuovo Senato non elettivo

La riforma comporta il superamento del bicameralismo?

Il nuovo articolo 55 sancisce che “il Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali”. Il Senato quindi sopravvive, ma sotto una nuova forma. Il numero dei senatori diminuisce da 315 a 100.  Sarà formato da 74 consiglieri regionali eletti dai Consigli regionali di appartenenza, 21 sindaci eletti anch’essi dai Consigli regionali “nella misura di uno per ciascuno, fra i sindaci dei comuni dei rispettivi territori” (come si legge nel nuovo art. 57) e 5 senatori nominati dal presidente della Repubblica. Baldassarre, convinto sostenitore del No, ritiene che il bicameralismo non venga affatto superato, le camere restano “con diversi poteri, ma rimangono sempre due camere”. Ricorda inoltre che su un certo numero di leggi, le più importanti, bisognerà comunque richiedere l’approvazione di ambedue le camere. Di tutt’altro avviso è il professor Rinella, il quale ritiene il bicameralismo “sostanzialmente superato, tranne per alcune materie”. Dipende sempre da quale prospettiva si osserva la questione. Su alcune leggi, di revisione costituzionale in primis, ma anche riguardanti il sistema elettorale o alcuni aspetti dei comuni e delle città metropolitane, e via dicendo, si ricorrerà ancora al bicameralismo paritario. “Tutto il resto sono leggi monocamerali, nelle quali il ruolo del Senato potrà essere debole oppure rinforzato”.

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Media annuale di leggi statali e regionali in Italia, Germania e Spagna dal 2009 al 2013

Il processo legislativo verrà snellito e velocizzato?

Innanzi tutto è bene chiedersi se l’Italia abbia veramente problemi nel legiferare velocemente e se questi problemi derivino effettivamente dal sistema tutt’ora vigente. Consultando il “Rapporto sulla legislazione tra Stato, Regioni e Unione europea” realizzato dall’Osservatorio sulla legislazione della Camera dei deputati nel marzo 2015, si scopre che l’Italia non riscontra particolari problemi nel legiferare. Interessante è il grafico che riporta l’attività legislativa in Italia, Germania e Spagna dal 2009 al 2013, periodo in cui vigeva ovviamente il sistema bicamerale che tutti conosciamo. La media annuale di leggi statali e regionali varate in Italia è di 760, contro le 683 della Germania e le 232 della Spagna. Sorge il dubbio che il problema non risieda nella quantità di leggi che il nostro Paese riesce a produrre, ma nella qualità delle leggi stesse, o forse nella classe politica. In ogni caso, Baldassare ritiene che la riforma vada addirittura a complicare la situazione “prevedendo un numero molto elevato e complesso di procedimenti legislativi, di gran lunga più elevato di quello attualmente esistente”. Preannuncia poi il rischio di numerosi ricorsi alla Corte Costituzionale per possibili conflitti causati dalla sperequazione dei poteri tra le due camere. “Il fatto che la stragrande maggioranza delle leggi sarà monocamerale, cioè affidata alla Camera dei Deputati, semplifica notevolmente il procedimento legislativo – afferma invece Rinella – Non c’è dubbio”. Aggiunge poi che in gran parte la responsabilità della fluidità del sistema “è nelle mani dello stesso Parlamento”.

La navetta parlamentare, ossia il passaggio di un progetto di legge tra le due camere, riguarda una legge su cinque. È raro che si vada oltre le quattro approvazioni: si tratta quindi di un fenomeno limitato.

La navetta parlamentare, ossia il passaggio di un progetto di legge tra le due camere, riguarda una legge su cinque. È raro che si vada oltre le quattro approvazioni: non si tratta quindi di un fenomeno così ricorrente.

Il corpo elettorale potrà votare a suffragio universale i membri del Senato?

Questo è un punto controverso. Come afferma Rinella infatti, non siamo ancora in possesso della legge che stabilirà come si elegeranno i senatori. “La legge verrà adottata, mi pare di ricordare, entro sei mesi dall’approvazione della riforma”. Taglia corto, invece, Baldassarre: i senatori saranno eletti sicuramente dai Consigli Regionali, bisognerà poi vedere se i consiglieri regionali eleggeranno i senatori “liberamente o seguendo un’indicazione del corpo elettorale”.

Di cosa si occuperà precisamente questo nuovo Senato delle Autonomie?

Rinella tenta di sintetizzare il quadro. Volendo, al Senato sarà concesso di occuparsi di qualsiasi legge, ma spetterà poi alla Camera la decisione di accogliere o meno le eventuali modifiche proposte. Nel caso di materie di assoluta importanza, come la revisione costituzionale, il Senato assumerà lo stesso peso della Camera. Quando si riterrà invece di applicare la “clausola di supremazia”, ossia la possibilità della legge statale di intervenire su materie di competenza delle Regioni, la Camera potrà respingere una proposta di modifica del Senato solo a “maggioranza assoluta dei componenti, quindi 50%+1, 316 deputati”. Baldassarre definisce il nuovo Senato come un co-legislatore, “una camera di riflessione formata da persone che vengono da realtà locali. Non è detto, quindi, che possano avere presente ciò che è l’interesse nazionale”.

Il quesito referendario a cui gli italiani risponderanno il 4 dicembre

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