"Salvini? Avere posizionirazziste oggi è banale5Stelle in crisi d'immagine"

Intervista a Stefano Bartezzaghi l’allievo di Eco che ama l’enigmistica

Abbiamo intervistato Stefano Bartezzaghi, autore del libro “Banalità. Luoghi comuni, semiotica e social network”, uscito nelle librerie a febbraio, semiologo, allievo di Umberto Eco e uno dei più importanti enigmisti d’Italia.

Qual è il filo conduttore che lega le quattro parole che compongono il titolo del suo libro?

«La “Banalità” si riferisce al nostro spauracchio: vogliamo distinguerci dagli altri, essere originali. Nel sottotitolo abbiamo tre elementi che sono disposti in ordine alfabetico, ma anche cronologico e logico. I luoghi comuni ci sono da sempre, sono la rappresentazione della banalità: una volta erano i proverbi, ora hanno altre forme di espressione – gli hashtag, per esempio. La semiotica è venuta con l’evoluzione dei mezzi di comunicazione di massa, che hanno imposto un loro “folklore” (per dirla con McLuhan) o una loro mitologia (per dirla con il primo Roland Barthes), fatta di luoghi comuni. Infine i social network: il nuovo ambiente in cui i luoghi comuni si formano, si cristallizzano e si diffondono. Così la semiotica si trova come filtro intermedio, che analizza i luoghi comuni nell’ambito dei social network».

Lei è stato un allievo dello scrittore Umberto Eco, che aveva diviso le persone in apocalittici e integrati. Per quanto riguarda Internet e il nuovo web 2.0, lei da che parte si pone?

«Per Eco gli “apocalittici” sono coloro che a ogni novità in campo mediale reagiscono dicendo che è il penultimo passo prima dell’abisso; gli “integrati” sono gli entusiasti che invece salutano la medesima novità dicendo che si tratta finalmente della forma di comunicazione democratica, orizzontale, la panacea che risolve i mali del mondo. Con i social network si sono ripresentate queste figure, e io mi sforzo di non avere troppi entusiasmi, né troppi sconforti. Sul web i comportamenti peggiori sono i più evidenti; nel mio testo ho cercato di non parlare solo di quelli e infine ho deciso di dedicare il libro alla memoria di un intellettuale, e caro amico, che sui social network ha tenuto un diario esemplarmente “umano” della sua malattia: Severino Cesari». 

 

Bartezzaghi

Ora veniamo a noi. Matteo Salvini è il politico non solo italiano, ma anche europeo, più seguito del momento. Di fatto però, cosa dice nei suoi post?

«Salvini ha adottato moduli di comunicazione molto efficaci, facilitato anche da un fatto ben noto: i luoghi comuni sono di destra. Una dimostrazione: il politicamente corretto, che sarebbero i luoghi comuni di sinistra, in Italia praticamente non esiste, eppure tutti ne parlano come se fosse una norma oppressiva. Ciò è possibile perché si tratta di un luogo comune di destra, e si impone anche se rovescia la realtà. Salvini è abilissimo a dare un tocco di “naturalità”, di ovvietà e buon senso ad affermazioni in sé spaventose: che più armi significa più sicurezza, o che le norme già esistenti sulla legittima difesa proteggono i malviventi e impediscono ai cittadini di difendersi – ad esempio».

Secondo lei, sono più importanti i messaggi che il ministro pubblica quotidianamente o le risposte che riceve dai suoi “fan”?

«Il contenuto delle risposte è quasi irrilevante, se non per segnalare la maggior rilevanza di uno o l’altro tema. La disinvoltura che Salvini mostra nell’intervenire sui social non è una finzione: è il vero modo di essere, e quello che dice è che avere posizioni oggettivamente razziste (pur scansando la denominazione) non solo è possibile, è banale».

I Cinque Stelle sono nati sul web, ma rispetto alla luminosità della stella del vicepremier leghista, si stanno progressivamente oscurando. Ragioni politiche o meramente comunicative?

«Ammesso che sia esistita in passato, ora non penso esista più questa distinzione: la politica è comunicazione. Penso che il Movimento stia attraversando una crisi tipica del passaggio dall’opposizione al governo: la mancanza di una prospettiva politica solida e le ambiguità del rapporto fra leader e base danneggiano l’immagine e la reputazione del Movimento, rispetto a un alleato-concorrente che riesce a sembrare qualcuno che fa quel che dice e dice quel che fa (anche quando ciò non è vero)». 

Mariacristina Ponti

Mariacristina Ponti nasce in Sardegna nel lontano 1992, dopo un diploma al liceo scientifico, decide di conoscere il mondo e di trasferirsi a Padova e, successivamente, a Roma. Le sue passioni sono la politica, il calcio, i nuotatori e la musica indie, ma solo quella vera. E Guccini, ovviamente.