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HomeCultura Siani, il fratello Paolo al Master Lumsa: “La verità di Giancarlo non muore”

Omicidio Siani 40 anni dopo
Il fratello Paolo
“La verità non muore mai"

Il seminario al Master Lumsa

"Giancarlo simbolo di coraggio"

di Clara Lacorte & Sofia Landi17 Novembre 2025
17 Novembre 2025
PAOLO SIANI

Paolo Siani, fratello di Giancarlo durante il seminario al Master Lumsa | Foto Lumsanews

ROMA – A quarant’anni dall’omicidio del giornalista Giancarlo Siani, giovane cronista de Il Mattino ucciso dalla camorra il 23 settembre 1985, la sua memoria è più viva che mai. Il suo esempio di giornalismo “a schiena dritta”, continua a ispirare ancora oggi le nuove generazioni attraverso un messaggio ribadito con forza da suo fratello maggiore, Paolo Siani, medico e deputato, che ha raccontato la storia di Giancarlo agli studenti del Master in Giornalismo dell’Università Lumsa, lo scorso 14 novembre. 

Paolo Siani, fratello maggiore di Giancarlo Siani. Foto di Lumsanews

Giancarlo Siani, la verità scomoda e l’ultimo articolo 

Giancarlo è un cronista 26enne, corrispondente per Il Mattino di Napoli e collaboratore di diverse testate, tra cui l’Osservatorio sulla Camorra, a cui lavora insieme ad Amato Lamberti. I due sono legati da un sodalizio speciale, fatto di amicizia profonda e lotta comune contro la criminalità. Nonostante il precariato, il suo approccio al giornalismo è animato da una dedizione quasi maniacale alla verità e all’inchiesta sul campo. I suoi articoli non si limitano a raccontare la cronaca nera, ma svelano con lucidità e coraggio legami occulti tra la camorra, la politica e gli affari, soprattutto nel contesto della ricostruzione post-terremoto del 1980, un affare milionario per i clan. Il 10 giugno 1985 Giancarlo firma l’articolo che ne decreta la sua condanna a morte, in cui il giovane cronista analizza la cattura del boss Valentino Gionta. Secondo le sue intuizioni, l’arresto non avviene per una semplice operazione, ma è il risultato di un tradimento o di un “prezzo pagato” dal clan Nuvoletta per porre fine a una faida interna. Un’analisi scomoda e veritiera che sfida apertamente quella rete di potere criminale che controlla il territorio campano. 

Quei dieci colpi esplosi vicino casa di Giancarlo  

La sera del 23 settembre de 1985, il giovane cronista è a bordo della sua Citroën Méhari verde e sta tornando a casa, in via Vincenzo Romaniello, nel quartiere napoletano dell’Arenella. Intorno alle 20 e 50 si ferma a pochi passi dalla sua abitazione, ma non ha il tempo di scendere dall’auto. Dieci colpi esplosi da una Beretta calibro 7.65 lo raggiungono alla testa. I due assassini scappano a bordo di una moto. Giancarlo muore, punito per la sua onestà, a 26 anni, con in tasca due biglietti per il concerto di Vasco Rossi per quella sera.

Il giornalista Giancarlo Siani | Foto Ansa

Dodici lunghi anni verso la verità 

Ci sono voluti 12 anni di processi e le dichiarazioni di tre pentiti per ottenere la verità sull’omicidio di Giancarlo: nei piani della camorra, il giovane giornalista doveva morire per la sua attività di denuncia giornalistica. Lo stesso Mattino, solo nel 1993 – dopo anni di silenzio sul caso – sceglie di combattere per ottenere la verità sul suo giornalista. E lo fa dando vita al “Pool Siani”. Un gruppo di giornalisti del quotidiano, su iniziativa di Sergio Zavoli (al tempo direttore del giornale) e sotto la guida di Pietro Perone, inizia un’indagine parallela sulla vicenda. La Corte d’Assise di Napoli, il 15 aprile 1997, condanna all’ergastolo come mandanti dell’omicidio i fratelli Lorenzo e Angelo Nuvoletta, Luigi Baccante e lo stesso Valentino Gionta. A commettere materialmente l’omicidio invece Ciro Cappuccio e Armando Del Core. La sentenza, confermata dalla Corte di Cassazione, dispone la celebrazione di un altro processo in Corte di Assise di Appello da cui, il 29 settembre 2003, il boss esce con una nuova condanna. Il giudizio della Cassazione lo scagiona definitivamente per non aver commesso il fatto. Nel 2014, dopo la pubblicazione di materiale inedito contenuto in alcuni libri di inchiesta sul caso, le indagini vengono riaperte. 

Paolo Siani: “Mio fratello un simbolo per i giovani”

Una Citroën Méhari verde, allenamenti di pallavolo, i Pink Floyd e Pino Daniele nell’aria e  un forte senso del dovere per il suo mestiere. Lo ricorda così Paolo Siani, instancabile custode della storia di suo fratello, facendo della ricerca della verità la sua missione di vita. Paolo lo ribadisce sempre: “Mio fratello non era uno né uno sprovveduto, né un ragazzo troppo giovane che ha voluto rischiare lanciandosi in qualcosa di più grande. Giancarlo era consapevole delle scoperte fatte sui clan della zona, sapeva cosa stava facendo. Noi e, forse, neanche lui ci saremmo però aspettati un’azione così forte”. Un omicidio che resta vivo nella memoria di una professione intera e in quella di chi vive per onorare la verità. Come il comico Alessandro Siani, all’anagrafe Esposito, che ha scelto di cambiare cognome per celebrare Giancarlo come simbolo di coraggio. Perché anche oggi, come ricorda Paolo Siani, “il giornalista resta l’obiettivo di chi non vuole che le cose vengano a galla. Ma senza lavoro d’inchiesta la democrazia è più debole, noi siamo più deboli”. 

Paolo Siani e Carlo Chianura, Direttore del Master Lumsa. Foto di Lumsanews

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