Smartphone e giovanissimi"Non sanno capire i rischila soluzione è l'educazione"

Intervista alla professoressa Comunello "Inutile vietarli, dobbiamo integrarli"

Il dibattito sul divieto degli smartphone nelle ore di lezione a scuola, sullo smodato utilizzo dei social in ogni momento da parte di adolescenti e preadolescenti, sulle insidie del digitale per i giovanissimi è preda di controversie, soprattutto se i ministri dell’Istruzione si succedono con rapidità, ognuno con le sue idee. Valeria Fedeli (PD) prima e Marco Bussetti (Lega) poi sembravano almeno avere una linea comune sul tema: entrambi hanno aperto le porte agli strumenti digitali come utili a fini didattici, ma Lorenzo Fioramonti (M5S), adesso in carica, ha espresso parole dure: “Non si possono avere 15-16enni che non sanno cosa hanno in tasca: è come avere una pistola e non esserne consapevoli”. Un recente sondaggio pubblicato dal quotidiano La Stampa rileva che ben l’84% dei giovani si iscrive a piattaforme social pur non avendo l’età necessaria e, quindi, dichiarando un falso anno di nascita.

Francesca Comunello, docente universitaria di sociologia dei media all’Università Lumsa di Roma, intervistata da LumsaNews, dà ragione al ministro Fioramonti: “C’è bisogno di genitori ed educatori che insegnino ai ragazzi come usare gli strumenti in modo corretto” perché “non basta vedere che loro si sanno muovere velocemente su tutti i siti e social, anche meglio delle generazioni precedenti”. Infatti spesso gli adulti “danno per scontato” che i loro figli o alunni siano “digitalmente alfabetizzati” per il semplice motivo che sin da piccoli sono cresciuti con lo smartphone e il tablet tra le mani. “Non sono in grado di comprendere i rischi, c’è una grande ingenuità che li induce a fidarsi ad esempio di profili finti, oppure non sanno distinguere una cosa vera da una falsa. Sono molto influenzabili e incapaci di mettere barriere dove e quando serve”.

Ma allora la soluzione è davvero vietarli, almeno fino ad una certa età? La professoressa Comunello è “totalmente in disaccordo”. È contraria anche alla circolare ministeriale, in vigore da 12 anni, che vieterebbe l’utilizzo dei cellulari durante le ore di lezione. “Non c’è bisogno di rendere quotidiano il digitale” dice rispondendo alla dichiarazione a La Stampa di un dirigente scolastico di Modena dove si insegna con i tablet perché “il digitale è già quotidiano ed è un fenomeno impossibile da arrestare. Non basta certo un divieto, anzi, acuisce il problema”.

La chiave è quindi istruire i ragazzi a usare le piattaforme correttamente e in modo da aiutarli a evitare pericoli. E questo resta un compito degli adulti. “Dobbiamo smettere di demonizzare gli smartphone, anzi, dobbiamo vederli come un valore aggiunto sia nelle scuole sia nella vita sociale. Tutto sta nell’affiancare i giovani nel loro utilizzo, anche a lezione, affinché siano uno strumento positivo a fini didattici. Occorre educare alla consapevolezza. Sia i preadolescenti che gli adolescenti”.

Laura Bonaiuti

Laura Bonaiuti è nata a Fiesole (Fi) nel 1992. La sua passione è il giornalismo in qualsiasi sua forma. Vuole raccontare storie su carta, online, in televisione, su youtube e potenzialmente dappertutto. Ha scritto, tra gli altri, per La Repubblica (cartaceo e online) e ha collaborato con il programma televisivo Matrix su Canale 5 a Roma, dove si è trasferita da agosto 2017. Fa parte della redazione del mensile cartaceo “The New’s Room”. Adesso è giornalista praticante presso LUMSA Master School dove studia nel biennio 2018-2020. Nel maggio 2015 ha pubblicato il romanzo “Se nessuno sa dove sei” con Edizioni Piemme e "Non c'è posto per me" nel gennaio 2020 con Giunti.