Tremano i partiti e il capitalismo italiano. Arresti e avvisi di garanzia scuotono le elezioni.

Come prima, più di prima. Una raffica di arresti e avvisi di garanzie sta animando gli ultimi giorni della campagna elettorale. Come nel febbraio del 1992, nei giorni di tangentopoli. Anche se in quell’occasione le manette scattarono nelle settimane successive alle elezioni politiche di aprile. Diverse le inchieste in atto, e il panorama è desolante. Il capitalismo italiano è alla sbarra e, nonostante le accuse lanciate dai giornali di destra, la lista di aziende e nomi finiti nel polverone giudiziario è abbastanza trasversale. Dal Montepaschi a Finmeccanica, per finire ai singoli; blasoni industriali come Angelo Rizzoli, ex proprietario del Corriere della Sera e uomini nuovi come Alessandro Proto, un intermediario finanziario finito più volte al centro dei riflettori per annunci mirabolanti, finiti quasi sempre con un nulla di fatto. Ci sono poi le condanne e gli avvisi di chiusura delle indagini, che lasciano intravedere una volata elettorale carica di tensioni, con i giornali pronti a pubblicare le carte che potrebbero uscire nei prossimi giorni. Le condanne, si diceva: come quelle di Raffaele Fitto, Ministro delle politiche comunitarie nell’ultimo governo Berlusconi ed ex Presidente della regione Puglia. Plenipotenziario del Pdl sul territorio, Fitto è stato condannato a 4 anni di carcere (ridotti ad uno per effetto dell’indulto), per la presunta tangente da 500mila euro pagata dal re delle cliniche ed editore di Libero, Giampaolo Angelucci per il tramite di una lista elettorale collegata a Fitto: “La Puglia prima di tutto”. Dalla Puglia alla Lombardia, dove le indagini a carico del presidente (dimissionario), Roberto Formigoni, sullo scandalo legato alla Fondazione Maugeri (8 milioni di euro ricevuti per utilità in viaggi, uso di barche e altro) si sono concluse con le accuse di corruzione e associazione per delinquere. Ma partiamo con ordine:
La Banca rossa – Il botto più grande l’ha fatto il Montepaschi. Lo scandalo emerso in seguito ai buchi di bilancio legati ad operazioni finanziarie don derivati e, secondo i pm, occultate dai bilanci durante la gestione Mussari, hanno portato al fermo di Gianluca Baldassarri, ex capo dell’area finanza di Mps. Baldassarri – indicato come la «il capo della banda del 5%», percentuale che il gruppo lucrava dalle compravendite finanziarie – sarebbe la mente e l’esecutore della spregiudicata operazione legata al derivato ‘Alexandria’, un contratto scoperto il 10 ottobre 2012 nella cassaforte dell’ufficio del direttore generale Antonio Vigni. Come rivelato dal Fatto Quotidiano, l’operazione, effettuata nel 2009, avrebbe imposto una correzione nel bilancio dello stesso anno di 2oo milioni di euro. Ma il buco reale è già salito a 730 milioni. Al momento dell’arresto, Baldassarri aveva con se 30 mila euro in contanti e si apprestava, secondo i magistrati, a partire per Londra. Nei giorni scorsila Guardia di Finanza gli aveva sequestrato 20 milioni di euro che, secondo l’accusa, aveva affidato a due società fiduciarie. All’appello mancherebbero altri 20 milioni. Secondo gli inquirenti, una vera e propria «associazione criminale», guidata da Baldassari, agiva all’interno della Banca ai danni dello stesso istituto. Nuovi avvisi di garanzia sono stati consegnati a Mussari e a Vigni, già accusati di manipolazione del mercato, falso in bilancio, aggiotaggio, truffa e false comunicazioni agli organi di vigilanza. Nelle prossime settimane si attendo altri provvedimenti.
Finmeccanica e le tangenti – La vicenda risale al 2010. Una storia di mazzette pagate a funzionari della difesa indiana per permettere all’azienda italiana, attraverso la controllata Agusta Westland, di aggiudicarsi una commessa miliardaria per la fornitura di elicotteri. In carcere è finito Giuseppe Orsi,  presidente e amministratore delegato di Finmeccanica, che vanta 70 mila dipendenti per un fatturato di 17 miliardi di euro. L’accusa è concorso in corruzione internazionale per le mazzette pagate al “maresciallo Sashi Tyagi, capo di Stato Maggiore dell’Indian Air Force dal 2004 al2007”. Le mazzette non sono esattamente quantificate dai magistrati. Si parla di 30 milioni di euro che sarebbero stati consegnati ancora nel dicembre scorso ad un consulente. Altre somme sarebbero state versate al maresciallo Tyagi per il tramite di un cugino al fine di aiutare l’azienda italiana ad aggiudicarsi, l’8 febbraio 2010, «la fornitura di 12 elicotteri AW 101 VIP al prezzo stabilito di 556 milioni di euro». L’accusa di corruzione internazionale a carico di Orsi risale all’aprile scorso. L’inchiesta, partita da Napoli è stata poi trasferita a Busto Arsizio. Ironia della sorte, secondo quanto riportato da diversi giornali, il nuovo ad, Alessandro Pansa, è proprio il funzionario di cui il suo predecessore si sarebbe volentieri privato. A testimoniarlo è un’intercettazione ambientale, effettuata durante una cena in cui lo stesso Orsi si sfogava con il suo grande amico, Ettore Gotti Tedeschi, allora presidente dello Ior (la Banca vaticana). Dulcis in fundo, dall’India potrebbe è arrivata la vera doccia fredda, con l’annuncio del ministro della difesa indiana, A.K. Antony, che ha paventato il possibile inserimento di Finmeccanica nella ‘blacklist’ e il possibile annullamento della commessa. Il danno per l’azienda sarebbe enorme.
I nuovi furbetti – Cadono i colossi, ma anche diversi personaggi noti alle cronache finanziarie e mondane. Alessandro Proto, l’uomo che doveva comprare Pubblico, il giornale diretto da Luca Telese fallito nel dicembre scorso, è stato arrestato con l’accusa di «false comunicazioni al mercato e ostacolo alle attività di vigilanza». In pratica non si segnala una sola operazione, tra quelle annunciate dall’ex venditore di enciclopedie porta a porta, che sia andata in porto correttamente. Prima fra tutte, il famoso patto di sindacato firmato con altri soci del Corriere della Sera (a fronte di un pacchetto azionario del 2,84%), di cui la Consob, l’organo di vigilanza della Borsa, non è stata in grado di attestarne la ‘veridicità. Nei giorni scorsi Proto aveva lasciato filtrare l’intenzione di acquistare lo stabile di via Solferino che ospita il quotidiano. Notiza, guarda caso, mai confermata ufficialmente. In carcere sono anche l’ex editore del Corriere della Sera, il settantenne Angelo Rizzoli, che con un complesso sistema di società, poi tutte fallite, che operavano con finti contratti di subappalto, ha generato una bancarotta da evasione fiscale per 20 milioni di euro. Soldi incamerati da una società intestata alla moglie Melania De Nichilo, deputata del Pdl. Particolare, questo, rimarcato da diversi quotidiani di centrodestra come Libero e Il Giornale. Si arriva poi al patron del Cagliari, Massimo Cellino, arrestato insieme al Sindaco e all’assessore ai Lavori Pubblici di Quartu Sant’Elena, con l’accusa di peculato e falso ideologico in relazione ai lavori per la costruzione del nuovo stadio del Cagliari, l’Is Arenas.

Carlo Di Foggia