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HomeEsteri L’appello di Padre Faltas, francescano a Gerusalemme: “A Gaza uno scandalo per l’umanità”

"A Gaza un disastro totale
Non poter aiutare gli sfollati
è uno scandalo per l'umanità"

Padre Faltas, francescano a Gerusalemme

"Ci sentiamo impotenti e attoniti"

di Iris Venuto17 Settembre 2025
17 Settembre 2025

Prate Ibrahim Faltas, direttore delle diciotto Scuole della Custodia di Terra Santa

GERUSALEMME – Mentre il cielo di Gaza City si riempie di fumo per l’ennesimo attacco aereo israeliano, la città si svuota di tutto: ospedali distrutti, comunicazioni interrotte, carenza di medicinali e civili sfollati senza via di fuga. Il bilancio delle vittime continua a salire dopo l’inizio dell’operazione israeliana “Carri di Gedeone 2” per conquistare la città, descrivendo una crisi umanitaria destinata ad aggravarsi. 

In questo scenario, la Chiesa locale e le comunità cristiane nella zona cercano di resistere all’assedio, offrendo aiuti concreti e messaggi di speranza agli sfollati. La Custodia di Terra Santa prosegue il suo impegno in Cisgiordania con lavoro, istruzione e alloggi, ma l’accesso a Gaza è attualmente impossibile. Per comprendere meglio la situazione sul campo, Lumsanews ha intervistato Padre Ibrahim Faltas, direttore delle diciotto Scuole della Custodia di Terra Santa.

Qual è la situazione attuale a Gaza City dopo l’inizio dell’occupazione israeliana?

“È un disastro totale. È una distruzione totale. Le notizie che arrivano da Gaza sono tragiche, la gente è disperata. Non funziona internet e non riusciamo a comunicare. Bisogna fermare questo ulteriore massacro”. 

Quali sono le differenze tra l’attuale crisi a Gaza e quella vissuta durante la prima e la seconda Intifada?

“Erano tempi diversi e, per quanto il clima fosse diverso, ci sembrava di star vivendo un periodo di forte tensione e di difficoltà intense. Questa situazione che avvolge la Terra Santa da due anni è indescrivibile: c’è più violenza e sembra ci sia stata più indifferenza da parte della comunità internazionale. Le due Intifada sono state difficili, ma mai come in questi due ultimi anni trascorsi”. 

Avete notizie recenti da padre Gabriel Romanelli e dalla Chiesa della Sacra Famiglia a Gaza?

“Padre Gabriel è riuscito a scrivere poco fa su Facebook. Stanno bene ma internet non funziona sempre. Che Dio li protegga. I sacerdoti, le suore, i fedeli stanno dando una grande testimonianza di fede”.

Dove si stanno rifugiando i gazawi e perché alcuni scelgono di non andarsene?

“Non sanno dove andare. Li spingono verso Sud, ma dove andranno? Ovunque c’è morte e distruzione. Chi decide di rimanere, lo fa perché è malato, senza forze, senza soldi. Cosa possono fare?”

Che ne sarà dei “bambini farfalla” (affetti da malattie genetiche, ndr), dei disabili e degli anziani che non possono fuggire? 

“I ‘bambini farfalla’ e tanti altri malati e bisognosi di cure, prima del 7 ottobre 2023, avevano assistenza dai numerosi volontari delle organizzazioni internazionali presenti a Gaza. Dopo quella tragica data, hanno potuto ricevere poche cure e nel frattempo sono finiti i farmaci. Da mesi non entrano aiuti umanitari e farmaci. È veramente uno scandalo per l’umanità non poter aiutare questa povera gente.

Avete contatti con le autorità israeliane per facilitare l’assistenza umanitaria o evacuazioni?

“I contatti sono limitati ai rari permessi per far uscire i bambini ammalati e i loro accompagnatori da Gaza. Non ci sono molti contatti in questo periodo”.

In che modo state sostenendo la comunità cristiana in questi territori?

“A Gaza nessuno può entrare e non è possibile fare entrare aiuti. Questo ci fa sentire impotenti e attoniti davanti a questa situazione. In Cisgiordania aiutiamo i cristiani e non solo a sopravvivere ad una povertà sempre più evidente. La Custodia di Terra Santa offre lavoro, istruzione e alloggio. È sempre più difficile e complesso, perché le necessità sono tante, ma con l’aiuto della Provvidenza e dei benefattori riusciamo ancora ad aiutare i tanti bisogni di chi abita i luoghi santi”.

Cosa pensa delle recenti accuse dell’Onu a Israele di genocidio?

“Per troppo tempo ho sentito parole e non vedo ancora azioni di pace. Le parole sono importanti ma, mentre si scelgono termini e parole, la gente muore. Bisogna parlare, ma anche fare, e ora bisogna lavorare per la pace”.

Cos’altro potrebbe fare la comunità internazionale?

“Deve usare ogni mezzo per arrivare a un cessate il fuoco definitivo. Deve mettere in campo ogni mezzo e strumento per arrivare a una pace vera e duratura per due popoli che hanno bisogno di vivere in sicurezza nella loro terra. Non deve abbandonare la soluzione di due Stati per due popoli perché è l’unica giusta e perché la pace è possibile. Sempre”.

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