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Delitto del Circeo 50 anni dopo. Il massacro che cambiò coscienza e giustizia italiana

di Alessio Garzina29 Settembre 2025
29 Settembre 2025

ROMA – Cinquant’anni dopo l’Italia non dimentica il delitto del Circeo. La notte del 30 settembre 1975, a Roma, in viale Pola, un vigilante sente dei rumori provenire da un bagagliaio di una Fiat 127 bianca. Crede sia un animale intrappolato. Ma quello che scoprono le forze dell’ordine e un fotoreporter accorsi sul posto sconvolge per sempre la coscienza del Paese: nel baule giace il corpo senza vita di Rosaria Lopez (19 anni) e, accanto a lei, Donatella Colasanti (17), martoriata ma ancora viva. 

I fatti

Rosaria e Donatella sono due studentesse romane provenienti dal quartiere popolare della Montagnola. Vengono attirate con l’inganno da tre ragazzi della Roma “bene”, con simpatie neofasciste: Angelo Izzo, Gianni Guido e Andrea Ghira. Dopo un pomeriggio passato insieme, l’invito a trascorrere qualche giorno in una villa sul promontorio del Circeo, con la scusa di una festa.

È lì che si consuma uno dei delitti più feroci della storia recente italiana. Per oltre trenta ore le ragazze subiscono violenze e torture. Rosaria Lopez muore per annegamento e per i colpi subiti, mentre Donatella Colasanti riesce a salvarsi: “Ho capito che avevo una sola via di uscita, fingermi morta”, dirà poi, scampata alle sevizie. I tre carnefici le credono morte entrambe. Avvolgono i corpi in sacchi di plastica e li caricano nel bagagliaio di una Fiat 127, pronti a disfarsene. Poche ore dopo, i lamenti e i colpi di Donatella dal baule, attirano l’attenzione di un vigilante, che dà l’allarme. La ragazza viene salvata e le sue parole consentono l’arresto di Izzo e Guido. Ghira, invece, riesce a fuggire: morirà anni dopo in Spagna, al termine di una lunga latitanza. 

Il processo

Il processo non è stato solamente un procedimento giudiziario, ma un drammatico spartiacque. Anche grazie alla coraggiosa testimonianza di Donatella Colasanti, costituitasi parte civile, per la prima volta l’accuso di stupro è dibattuta come un crimine contro la persona e non contro la “pubblica morale”, contribuendo anni dopo alla riforma della legge sulla violenza sessuale. 

La voce delle famiglie

“Per mia sorella non ci fu vera giustizia”, afferma Roberto Colasanti, ricordando come la vita di Donatella e della loro famiglia sia stata irrimediabilmente segnata dall’orrore del Circeo. Un dolore condiviso anche da Letizia Lopez, sorella di Rosaria: “A casa mia è stato come un boomerang. La mia vita è finita al Circeo”. Due voci diverse, ma unite dalla stessa memoria lacerata, che testimoniano quanto quella vicenda continui a pesare nelle storie personali e nella coscienza collettiva del Paese.

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