Giuliano Bufacchi guida la Nazionale italiana di basket Fisdir (Federazione italiana sport paralimpici degli intellettivo relazionali), fresca vincitrice dell’Europeo a giugno 2025.
Bufacchi, com’è nato il progetto “Insieme noi”?
“‘Insieme noi’ è nato prima del mio arrivo qui ad Acilia. È stato creato per coinvolgere il territorio, dando l’opportunità anche ai ragazzi con disabilità di approcciare la pallacanestro, trattandoli alla pari di un gruppo giovanile, con gli stessi diritti di spazio in palestra e istruttori qualificati”.
Quali cambiamenti vede nei ragazzi dopo l’esperienza sportiva?
“Uno dei primi che notiamo riguarda la consapevolezza. I ragazzi hanno acquisito molta coscienza di se stessi e di ciò che possono fare, portandola anche fuori dal campo”.
Che tipo di allenamenti fate?
“Come Nazionale Fisdir adottiamo metodologie specifiche per allenare le scelte in campo. Allenamenti che non hanno un riscontro solo sul parquet ma anche fuori dalla palestra. Si è vista una crescita dei ragazzi sia mentale che di presenza in campo. Ad esempio Andrea (Durante, una delle stelle della Nazionale, ndr), un ragazzo molto timido, sta diventando più intraprendente grazie alla consapevolezza acquisita giocando sia nella nostra rappresentativa che con squadre di club”.
Che percorso compiono gli atleti per arrivare alla Nazionale?
“La Nazionale funziona come qualsiasi altra squadra rappresentativa del Paese. Ci sono club in Italia dove giocano i ragazzi e con il mio staff li seguiamo. Quando ci sono le finali dei campionati italiani andiamo a vederle. Ma soprattutto abbiamo una rete con tutti gli allenatori, che conoscono gli obiettivi della Nazionale per lo sviluppo della disciplina. Quindi si lavora tutti nella stessa direzione. Questo facilita la selezione dei ragazzi. A volte vengono segnalati, e in quei casi vengono osservati con un occhio diverso. Sia la Nazionale che gli allenatori dei club sanno cosa vogliono, rendendo tutto più facile”.
Che risultati avete ottenuto come Nazionale?
“Abbiamo partecipato a quattro Europei e quattro Mondiali e li abbiamo vinti tutti. Questi successi ci rendono orgogliosi”.
La Costituzione riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dello sport. È effettivamente così? Sentite lo stesso supporto che le istituzioni riservano alle Nazionali di atleti normodotati?
“Noi non ce lo aspettavamo, ma già dal primo successo abbiamo avuto un grande riscontro mediatico, soprattutto sui social. Dopo il primo europeo, siamo stati invitati a Palazzo Chigi, hanno parlato di noi testate giornalistiche come Sky e Rai Sport. Una grande visibilità che, pur non essendo paragonabile a quella della Nazionale di calcio, è comunque tanta e non era mai stata ottenuta da altre squadre con le nostre caratteristiche”.
Come è arrivato a diventare allenatore della Nazionale?
“Sono entrato in Fisdir come allenatore di pallacanestro nel 2011. Le squadre con sindrome di Down sono nate nel 2017. Prima giocavano insieme a persone con altre disabilità e fisicamente non riuscivano a essere allo stesso livello. La Nazionale è nata con me e con Mauro Dessì, il mio assistente. Ci siamo appassionati sempre di più e abbiamo voluto fare percorsi di crescita tecnica anno dopo anno, inserendo sempre più elementi di pallacanestro. Ora siamo già a un livello alto, ma vogliamo crescere ulteriormente”.
Cosa direbbe a una famiglia che ha paura di far fare sport a un figlio con disabilità?
“Lo sport fa bene a prescindere. L’importante è uscire di casa e provare. Non bisogna fermarsi al primo sport, perché al ragazzo potrebbe non piacere. Il fatto che sia disabile non significa che gli debba piacere tutto. È importante provare più discipline per trovare quello in cui si sente realizzato”.


