Pietro Bartolo è medico di Lampedusa, il primo a mettere piede sulle barche che arrivano dal Mediterraneo. Fino al 2024 è stato europarlamentare e vicepresidente della Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni. A Lumsanews racconta le implicazioni della proposta sui rimpatri per i migranti avanzata dalla Commissione Ue.
Il nuovo regolamento sui rimpatri potrebbe essere una soluzione al problema dell’irregolarità dell’immigrazione?
“Assolutamente no, non può risolvere alcun problema. Nella precedente legislatura – di cui anch’io facevo parte – abbiamo dichiarato il fallimento del regolamento di Dublino, che stabilisce i criteri con cui gli Stati membri analizzano una domanda di protezione internazionale. Già lì era prevista una normativa per i rimpatri”.
Perché crede che sarà fallimentare anche questo nuovo regolamento?
“Rimpatriare è molto difficile, ci vogliono i soldi e soprattutto ci vogliono gli accordi con i Paesi di provenienza. Molti Stati rifiutano i rimpatri perché dipendono economicamente dalle rimesse inviate da queste persone. Alcuni accordi sono stati fatti con l’Egitto, la Tunisia o la Libia, Paesi definiti sicuri ma che non lo sono affatto. Paghiamo dittature per fermare chi scappa dalla miseria, è inaccettabile e vergognoso”.
Cosa succede oggi a chi riceve l’ordine di rimpatrio?
“Spesso finiscono in mezzo alla strada, oppure vengono messi nei famosi Centri di Permanenza per il Rimpatrio, carceri per chi non ha commesso alcun reato. E poi c’è il discorso dell’Albania, una deportazione fallita, dichiarata illegale dai magistrati italiani. Tutto questo avviene a scapito dei più giovani, rinchiusi in questi centri dove si vive veramente in modo disumano”.
Ci sono vie alternative per i soggetti più vulnerabili?
“In Italia i minori non accompagnati fino a poco tempo fa riuscivano a accedere a percorsi di formazione sovvenzionati dal governo. Oggi i fondi sono stati tagliati e tutto ricade sulle spalle dei Comuni, che non riescono a garantire questi contributi. I ragazzi vengono abbandonati, diventano invisibili e spesso cadono nelle mani delle mafie. Se sapessimo governare con intelligenza e lungimiranza la migrazione, sarebbe una ricchezza. In Europa non ci sono più giovani, non c’è manodopera in quasi tutti i settori. Forse si cambierà idea solo per questo, per una questione egoistica”.
Perché secondo lei l’Unione Europea sta rinunciando a questa ricchezza?
“Tutti i Paesi stanno virando sempre più a destra. Nazionalisti e patrioti hanno paura della contaminazione e della sostituzione etnica, retaggio di un passato fascista. Ma l’Europa è una realtà multiculturale ed è la culla della cultura perché frutto di millenni di contaminazione tra popoli di tutto il Mediterraneo. Tutte queste culture ci hanno fatto diventare quello che siamo ora”.
Per chi viene dal mare, l’Europa che cosa significa?
“L’Europa rappresenta la più grande democrazia del mondo. Per loro è un’opportuna per trovare la serenità. A volte hanno parenti o amici, ma più spesso sono soli e vivono nella speranza di trovare una vita migliore e non essere costretti sempre a fuggire, a essere torturati, violentati e umiliati come se non fossero degli esseri umani”.
Perché nella narrazione pubblica tutto questo sembra passare in secondo piano?
“Si fa una narrazione tossica per ottenere consenso politico. I migranti vengono descritti come mostri che ci rubano il lavoro, ma è una bugia, fanno i lavori che nessuno vuole fare. Anche il costo medio per l’accoglienza di un richiedente asilo è strumentalizzato. Quei famosi 35 euro al giorno non vanno ai singoli, ma ai centri di accoglienza. Dicono ‘C’è l’invasione! Portano malattie! Sono terroristi’, ma non c’è nulla di vero. È un modo per rendere i migranti nemici da cui difendersi, per generare paura e odio. Da chi ci dobbiamo difendere? Dai bambini che muoiono in mare? Tutto questo è semplicemente disumano”.


