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HomeEsteri Procaccini, europarlamentare di FdI: “Fermare l’immigrazione è esigenza di tutta Europa”

“Return hubs e Paesi sicuri
per fermare l’immigrazione
esigenza di tutta l’Europa”

L’europarlamentare di ECR Procaccini

“Il multiculturalismo è una minaccia”

di Greta Giglio02 Dicembre 2025
02 Dicembre 2025
Nicola Procaccini, eurodeputato per Fratelli d’Italia nel Gruppo conservatori e riformisti europei

Nicola Procaccini, eurodeputato per Fratelli d’Italia nel Gruppo conservatori e riformisti europei | Foto Ansa

Nicola Procaccini è eurodeputato per Fratelli d’Italia nel Gruppo conservatori e riformisti europei, di cui è co-presidente. A Lumsanews ha spiegato la proposta di regolamento sui rimpatri della Commissione, considerata risolutiva per diversi problemi e promossa da ECR.

In cosa consisterebbe questo nuovo regolamento europeo?
“Parliamo di uno dei tasselli del nuovo Patto Ue per la migrazione, una strategia ampia e diversificata affermatasi alla fine della scorsa legislatura e che ora si riempie di contenuti. Lo scopo è migliorare la gestione dell’immigrazione legale attraverso un approccio più severo. Il regolamento punta a rendere più facili e immediati i rimpatri degli immigrati illegali per favorire i flussi di immigrazione legale”. 

Quali sono i punti di maggior rilievo?
“La parte decisiva riguarda gli Stati terzi, in due modi diversi. Da una parte i centri di rimpatrio posti al di fuori dei confini europei. Dall’altra la lista di Paesi sicuri, cioè nazioni di origine o di transito degli immigrati verso cui è possibile il rimpatrio. Se oggi si possono fare rimpatri soltanto grazie a accordi bilaterali, con il regolamento ci sarà una maggiore pressione sugli Stati terzi affinché accolgano gli immigrati partiti illegalmente”. 

Perché si è sentita l’esigenza di questa proposta e quali Paesi europei hanno spinto di più?
“L’urgenza è sentita da tutti: ci siamo resi conto che bisogna cambiare approccio, perché la politica delle porte aperte ha creato un disastro. Per la vita degli stessi migranti che sono diventati oggetto di traffico di esseri umani e per i problemi legati all’ordine pubblico, ai diritti sociali, alla realtà culturale. Questa follia del multiculturalismo ha creato una serie di ghetti e rappresenta una sconfitta in termini di diritti civili”.

Quale impatto si crede che possa avere questa misura?
“Quello che non è stato fatto fino a oggi, ossia governare l’immigrazione. In determinate condizioni è prezioso, sia per i migranti che hanno la possibilità di realizzare il loro progetto di vita in Europa, sia per le nazioni europee che possono alimentarsi con forze fresche e nuove. Ma questo aspetto virtuoso viene vanificato dall’immigrazione illegale”.

Però anche chi è costretto ad arrivare in modo irregolare potrebbe avere un progetto di vita del genere in Europa. Perché non dovrebbe avere la possibilità di realizzarlo?
“Quando qualcuno bussa alla porta di casa tua, tu guardi chi è e decidi se farlo entrare oppure no. È chiaro, se si tratta di una persona in pericolo di vita abbiamo il dovere di farla entrare. Ma se si tratta di una persona che semplicemente vuole piazzarsi qui perché vuole realizzare il suo progetto di vita, beh questo non è possibile. Anche nello stesso interesse degli immigrati: in Italia quasi il 40% vive in stato di povertà. Questa non è solidarietà, ma una logica stupida che produce disastri. L’Europa deve poter decidere quanti e chi accogliere, professionisti già formati. Questo rende possibile l’integrazione. Non saper fare nulla vuol dire diventare manovalanza della criminalità organizzata”.

L’Unione Europea sta prevedendo qualche misura su un’integrazione coordinata?
“Direi di sì, anche se non in maniera puntuale. Ci sono progetti lavorativi aperti anche agli stranieri. Ma c’è un altro aspetto che bisogna considerare: il diritto a non emigrare significa non rubare alle nazioni africane la loro gioventù. Un aspetto di cui la politica immigrazionista ‘open borders’ non tiene mai adeguatamente in considerazione. Le persone devono essere libere di poter scegliere dove andare a vivere. Se c’è l’impossibilità di sviluppare al meglio un progetto nella propria nazione, questa libertà viene meno”.

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