Christopher Hein, fondatore del Consiglio italiano per i rifugiati (Cir) ed ex presidente del comitato esecutivo del Consiglio europeo per i rifugiati e gli esuli, spiega come l’Unione europea stia lavorando per definire un’illegalità su una legalità che non c’è.
La proposta della Commissione europea prevede una stretta sui rimpatri per gli “irregolari”. Quali sono le condizioni che determinano questa irregolarità?
“L’irregolarità dei cittadini non comunitari è stabilita in assenza di un permesso di soggiorno. L’orientamento dell’Unione europea è molto chiaro, non c’è altra alternativa. Ma l’irregolarità del soggiorno si presenta in vari modi: l’assenza delle documentazioni necessarie per l’ingresso, un permesso scaduto, il fallimento di una richiesta di protezione internazionale o anche nazionale. Più raramente poi attraverso un processo penale, per cui c’è un giudice che ordina il rimpatrio”.
Esistono invece processi di legalizzazione strutturati?
“Nell’Unione europea non abbiamo una forma di legalizzazione generale. I singoli Paesi hanno tentato delle vie. Ci hanno provato la Francia e la Spagna, più recentemente anche la Germania per le esigenze del mercato del lavoro. In Italia avevamo la cosiddetta sanatoria, la regolarizzazione per chi si trova già nel territorio, privo di un soggiorno regolare, che in certi casi può avere un permesso di soggiorno e di lavoro. Sono sempre stati esercizi di tempo limitato, ora non è più così”.
E la protezione speciale introdotta nel 2020?
“Con il decreto Lamorgese si è ampliata la possibilità di ottenere una protezione a livello nazionale in certe circostanze. Viene presa in considerazione l’effettiva integrazione della persona con certi parametri, come la conoscenza della lingua, l’autonomia economica, la disposizione di un alloggio. Tuttavia il provvedimento è stato in parte abolito dal governo Meloni, anche se non del tutto, perché si continua a tenere in considerazione il diritto alla famiglia e alla vita privata stabilito dalla Convenzione europea sui diritti umani”.
Quindi come può un migrante regolarizzare il suo status?
“Le difficoltà cominciano già all’ingresso: è difficile entrare con un visto nell’Unione Europea. Non disporre di un ingresso regolare determina poi difficoltà nell’ottenere un permesso di soggiorno. L’unica possibilità per chi entra in modo irregolare è quella di fare la richiesta di asilo. Così, almeno per il periodo di tempo della procedura, si ottiene un permesso di soggiorno provvisorio”.
Secondo lei questa proposta della Commissione potrebbe avere un impatto positivo oppure no?
“Forse potrà avere un impatto positivo nell’aumentare la percentuale di chi viene effettivamente rimpatriato, attualmente poco più del 20% di chi riceve l’ordine. Ma, moralmente parlando, non può avere un impatto positivo. Bisognerebbe prima offrire possibilità maggiori di entrare in modo regolare e quindi di ridurre il numero di irregolari che non hanno alternative. Nessuno Stato in questo momento osa fare proposte del genere”.
Come mai?
“C’è una situazione di ostilità verso lo straniero. È una questione politica. Nel 2026 entra in vigore il nuovo patto per l’immigrazione e l’asilo. Ma se leggiamo la nuova direttiva sull’accoglienza di richiedenti asilo, la metà degli articoli tratta del trattenimento, della detenzione, della privazione della libertà individuale. E su questo tutti e 27 gli Stati membri si sono messi d’accordo”.


