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Brunetti (Istat): “Inflazione stabile, ma guardiamo oltre il dato generale”

di Flavia Falduto22 Ottobre 2025
22 Ottobre 2025

Alessandro Brunetti, dirigente di ricerca e responsabile del settore dell’Istat che misura i prezzi al consumo

“Alcune voci di spesa concorrono a mantenere bassa l’inflazione, altre invece la sostengono. L’effetto complessivo è quello di stabilità, ma in realtà gli andamenti dei prezzi sono piuttosto diversificati”. Lo spiega a Lumsanews Alessandro Brunetti, dirigente di ricerca e responsabile del settore dell’Istat che misura i prezzi al consumo. 

Quali sono gli indici per misurare l’inflazione?

“L’Istat calcola tre diversi indici. I primi due sono il Nic, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività, e l’Ipca, l’indice armonizzato a livello europeo. Entrambi fanno riferimento alla popolazione presente sul territorio nazionale, quindi non necessariamente ai consumatori residenti. Infatti, tengono conto anche delle spese dei turisti. Il terzo è l’indice Foi, che misura i prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati con lo scopo di fornire parametri per gli adeguamenti monetari”. 

Come si calcolano?

“Gli indici dei prezzi del consumo sono calcolati sulla base di un paniere. Si forma una lista di prodotti di cui si rilevano i prezzi e il loro andamento mensile. Poi, attraverso una media ponderata si determina la variazione dell’indice complessivo. Nel complesso, il paniere è selezionato in modo da essere rappresentativo della spesa per diverse voci, anche dette aggregati”.

È vero che il dato generale dell’inflazione cambia a seconda dell’indice di riferimento?

“Per quanto riguarda la definizione dei prezzi, il Nic e il Foi considerano il valore del bene indipendentemente da chi sostiene l’acquisto. L’Ipca, invece, tiene conto del prezzo effettivo pagato dalle famiglie. Queste differenze si manifestano tanto nell’andamento dei prezzi dei singoli prodotti, quanto nelle strutture di ponderazione che vengono utilizzate per la sintesi degli stessi indici. Naturalmente c’è una correlazione tra questi indicatori, ma se si fa riferimento a un indice piuttosto che a un altro il tasso di inflazione risulta leggermente diverso”.  

Come mai?

“Quando si parla del tasso di inflazione ci si riferisce alla variazione tendenziale dell’indice generale e, dunque, all’andamento dei prezzi dei prodotti che compongono l’intero paniere. Se però si scende nel dettaglio e si guarda alle diverse sottocomponenti, ci sono delle differenze. Come emerge dagli ultimi dati dell’Istat, dietro la stabilità dell’indice generale ci sono varie componenti che si muovono in modo opposto”. 

In che modo l’aumento dei prezzi influisce sulla spesa delle famiglie?

“Per alcune tipologie familiari, l’aumento dei prezzi può determinare una maggiore difficoltà a mantenere i livelli di consumo che si avevano in precedenza. Non solo. Perché può anche indurre a sostituire l’acquisto di alcuni prodotti. I prezzi dei beni alimentari, poi, sono anche suscettibili alle variazioni di costo legate alle materie prime. Se, ad esempio, la produzione dell’olio risente di particolari andamenti climatici, questo si riflette sul prezzo del bene, con il rischio di un effetto trascinamento anche sugli altri prodotti dello stesso settore merceologico”.

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