“Bufale” senza più frontiere

Internet rappresenta certamente, a livello informativo, una frontiera selvaggia con la quale il giornalismo oggi deve fare i conti, rimodulando attraverso questo confronto  la propria fondamentale missione di raccontare la verità. Il web è infatti considerato generalmente un luogo dove è possibile apprendere notizie più attendibili rispetto a quelle riportate dai media tradizionali – in base al presunto teorema che chi scrive su internet, dove tutto è gratuito,  è completamente affrancato da interessi economici, editoriali, lobbistici. Ma il fatto che questa sia una visione distorta della realtà è purtroppo, tramite l’enorme massa di falsi giornalistici circolanti in rete, sempre più evidente.  Il compito del giornalista in quest’ambiente falsato deve allora ritornare ad essere quello del pragmatico, certosino controllore di informazioni, per riacquistare, prima di tutto in rete, una credibilità che va sempre più sgretolandosi.
Basti ad esempio ricordare, tra le bufale generate e sviluppatesi su internet e poi riprese da quotidiani autorevoli (in questo caso  Sole24Ore, Messaggero, Mattino),  quella delle ostie contaminate dalla segale cornuta, nota per provocare effetti simili a quelli dell’Lsd. Naturalmente era tutto falso: sia le allucinazioni dei fedeli che i nomi della chiesa e del parroco. Ma una simile svista come è potuta accadere?
Paolo Attivissimo, famoso giornalista cacciatore di bufale sul web, ci dà la risposta: «non bisogna pensare che tutto sia indagabile via internet con una piccola ricerca: ci sono alcune cose che devono essere indagate sul posto e questo è il modo utilizzato dal grande giornalismo».  Riferendosi poi al caso libico, alle false fosse comuni (nient’altro che semplici tombe del cimitero tripolitano di Sidi Hamed, probabilmente addirittura scavate anni prima rispetto alla guerra civile), e alle immaginarie 10mila vittime civili dei mai avvenuti bombardamenti aerei di Gheddafi, Attivissimo suggerisce: «Devi sempre fare riscontri, verifiche, sentire più fonti. Ma a volte non lo puoi fare. Allora devi porti questa domanda fondamentale: mi posso fidare di quell’unica fonte? Se ad esempio una bambina mi racconta la storia terribile della sua famiglia, come faccio a sapere se non è stata imbeccata da qualcuno? Potrebbero infatti essere stati gli americani, oppure la controparte di quel momento, ovvero ancora la terza parte che ha interesse a fomentare tensione, rivalità».

Fabio Grazzini