HomeCronaca “Scrittura e algoritmi stanno lottando per il controllo del linguaggio”

“Scrittura e algoritmi stanno lottando per il controllo del linguaggio”

di Chiara Esposito19 Settembre 2023
19 Settembre 2023

Derrick de Kerckhove è sociologo e giornalista. Oggi direttore scientifico di Media Duemila, ha diretto dal 1983 al 2008 il McLuhan Program in Culture & Technology dell’Università di Toronto. Nella sua intervista a Lumsanews fa il punto su quali sono le criticità e le opportunità derivate dall’applicazione dell’intelligenza artificiale al giornalismo.

Come valuta l’impatto dell’intelligenza artificiale nel giornalismo?
“L’intelligenza artificiale è stata utile al giornalismo già da tempo, facilitando la ricerca, identificando le tendenze, definendo il pubblico dei lettori, migliorando la formattazione e correggendo il linguaggio e la grammatica. Non è una novità. Ciò che è nuovo è l’IA generativa, che può prendere il posto del giornalista e spesso lo fa. L’impatto di questa tendenza è una spada a due facce. Da un lato accelera e moltiplica la composizione e la formattazione dei contenuti (così come la selezione delle notizie o delle storie che avranno la possibilità di interessare i lettori). Dall’altro, c’è il rischio che i giornalisti diventino più pigri. La vera differenza nell’utilizzare o meno GenAI non è tanto la qualità dei contenuti, che ogni nuova generazione di GPT migliora, ma la personalità del giornalista. Si può certamente essere un buon giornalista affidandosi a GenAI, ma dubito che si possa essere davvero un grande giornalista”.

Quali sono le ripercussioni in termini etici e sociali?
“Dal punto di vista etico, la regola è la stessa. Bisogna controllare le fonti e sostenere gli articoli. Rispettare i lettori e cercare sempre di rimanere onestamente orgogliosi del proprio lavoro. Se si usa GenAI, però, bisogna prendersi il tempo di leggere ciò che scrive. A livello sociale, terrei d’occhio i miei lettori e forse, a seconda del contesto e del genere giornalistico, cercherei con loro uno scambio di opinioni”.

Come si concilia il rapporto algoritmo-giornalista?
“È un buon mix, ma consiglierei a qualsiasi giornalista che prenda seriamente in considerazione l’idea di introdurre la GenAI nella propria vita professionale, di seguire un corso di programmazione e di imparare cosa comporta. Magari di frequentare uno o due corsi di “prompt engineering”. In generale, credo ci sia in atto quella che chiamo la grande crisi epistemologica, la battaglia tra la scrittura e gli algoritmi per prendere il controllo del linguaggio. Ricordiamo che l’intelligenza artificiale sta prendendo il controllo della scrittura. È un problema molto grande. Potrebbe essere che un giorno i giornalisti diventino non solo l’ultima garanzia della democrazia, ma, insieme agli scrittori di letteratura, poesia e romanzi, anche quella della scrittura umana”.

 Come pensa che l’AI cambierà l’organizzazione interna delle redazioni, il rapporto con gli utenti e gli strumenti di diffusione?
“La prima cosa da fare è essere pronti alla concorrenza. Viviamo in un’epoca in cui tutte le professioni basate sul linguaggio saranno svolte al meglio dall’intelligenza artificiale. Non so molto dell’organizzazione delle redazioni giornalistiche, ma direi di assicurarsi che dispongano di tutto l’hardware e il software necessari per utilizzare al meglio la tecnologia. Per quanto riguarda il rapporto con gli utenti, i giornalisti sono già in grado di sapere tutto di loro”.

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