Elezioni europee più vicine, D’Alema si riscopre renziano

D'ALEMA RENZINel giorno in cui i rottamati Pierluigi Bersani ed Enrico Letta sanciscono con un sentito abbraccio in Parlamento il nuovo asse anti-Renzi, fatto sostanzialmente di glaciale freddezza, il neo premier trova un nuovo alleato interno in Massimo D’Alema, l’arcinemico sul quale nessuno, prima della presentazione della squadra di governo, avrebbe mai puntato un centesimo.

Lo strappo ricucito. D’altronde, si salutavano così, fino tre mesi fa: «D’Alema ha rovinato la sinistra» e «Renzi è ignorante e superficiale». Esigenze di comunicazione, forse, come volatilizzate però al momento quanto mai pratico e veritiero di buttar giù la lista dei ministri. Quattro sono i nomi vicini alla fondazione ItalianiEuropei, vero e proprio tempio del culto del dalemianesimo: Marianna Madia, Giuliano Poletti, Federica Guidi e, soprattutto, Pier Carlo Padoan. Senza dimenticare che il successore di Renzi alla Leopolda è Dario Nardella, volto noto della fondazione, come anche Marco Minniti, il cui ingresso a Palazzo Chigi con una delega ai Servizi è più che probabile.

Così, le anime divise si riavvicinano. Ancor più se si apre a Silvio Berlusconi per delle riforme condivise, sulla falsa riga dello “scrivere insieme le regole nell’interesse degli italiani”, di dalemiana memoria – un salto nel 1998. E il tono delle dichiarazioni, magicamente, cambia. «Abbiamo il dovere di dare (a Renzi, ndr) tutti una mano. Parliamo del destino del nostro Paese, non del partito»: ha dichiarato D’Alema alla trasmissione Ottoemezzo, mercoledì sera. E in difesa della nuova bandiera, la prima stoccata è per Letta: «Aveva oggettive difficoltà, con maggiore tempismo avrebbe dovuto rilanciare l’azione di governo, ha temporeggiato troppo».

Obiettivo Europa. Al primo posto, però, nella mente del “leader Massimo” c’è sempre l’Europa. Maggio è vicina e D’Alema, che attraverso la fondazione vive più a Bruxelles che a Roma, tira su la facciata: «Non mi sono mai candidato a niente. Chi candida sono i partiti. Lo deciderà il mio partito». Ma alla fine la butta lì: «Io già lavoro a Bruxelles».

E a chi gli chiede se abbia sentito Renzi di recente, confessa: «Abbiamo un dialogo abbastanza frequente. Tra l’altro, gli ho anche mandato le bozze del mio ultimo libro, più di un consiglio». Quasi un’iniziazione.

Federico Capurso

Nato a Roma il 24 Marzo 1989 e laureato in Scienze delle Comunicazioni Sociali all’Università Pontificia Salesiana. La sua carriera giornalistica ha inizio nel 2012, quando inizia a collaborare con L’Opinione delle Libertà e con il Roma Post, occupandosi di cultura e spettacolo. Nel 2013 passa a La Voce Repubblicana, dove cura la rubrica “Avviso ai naviganti”, dedicata a internet e alle nuove tecnologie. Dal 2013 cura e dirige la produzione digitale della casa editrice Edizioni del Baretti.