Estate al mare nella fase 2le proposte di Assobalneari"Così salveremo la stagione"

Fabrizio Licordari parla a Lumsanews "Interventi per garantire la sicurezza"

L’Italia è pronta ad affrontare la fase due dell’emergenza coronavirus e fra box di plexiglass e cupole di bambù, nell’ultima settimana anche il governo sembra mandare i primi segnali agli operatori del settore e ai consumatori. Abbiamo rivolto al presidente di Assobalneari Fabrizio Licordari alcune delle domande che molti cittadini si stanno ponendo. 

Andremo al mare quest’anno?

“Nelle nostre intenzioni assolutamente sì e abbiamo ricevuto rassicurazioni in tal senso anche dal governo. Chiediamo all’esecutivo è di avere un maggiore dialogo con la task force. Nel gruppo di esperti che stanno studiando la fase 2 non c’è nessuno che si occupa di turismo, che conosca e sappia cosa vuol dire gestire uno stabilimento balneare, un albergo e quali sono le dinamiche. Un settore formato da tante realtà diverse e che produce il 13% del Pil dell’intero Paese”.

Alcune regioni hanno già iniziato ad organizzarsi.

“Come associazione abbiamo fatto richieste continue al governo, ottenendo solo la possibilità di elaborare dei provvedimenti di tipo regionale. Sicuramente è stato un modo di venirci incontro ma non c’è stato un coordinamento centrale. Ogni regione si è organizzata come meglio credeva e come poteva ma quello che serve è una regia nazionale che dica a tutti come fare”. 

A vostro avviso serve invece una reazione a catena?

“Se ci sono gli stabilimenti balneari ma non gli alberghi, lei prenoterebbe un ombrellone per la stagione? E viceversa, se diamo il via libera agli alberghi ma non si può scendere in spiaggia, che senso avrebbe? È un settore mosso da tanti ingranaggi e se uno anche uno solo si inceppa, il meccanismo non funziona”. 

Il ministro Franceschini ha annunciato un piano per il turismo.

“Il governo ha parlato di aiuti economici ma noi – francamente – al momento non abbiamo visto nulla. Ci hanno prospettato la possibilità di accedere a dei finanziamenti erogati dalle banche ma abbiamo bisogno di certezze. È impensabile chiedere alla banca un mutuo di sei anni se le mie concessioni balneari scadono alla fine dell’anno”. 

Quindi c’è anche la possibilità che alcuni stabilimenti decidano di non riaprire?

“Noi siamo positivi. Stiamo facendo il possibile. Cerchiamo di autogestirci, laddove possibile, con buonsenso, rispettando tutte le norme che abbiamo iniziato ad applicare negli ultimi mesi. Ma per la riapertura è evidente che servono prescrizioni precise in tema di sicurezza. Io non sono un medico o un virologo, sono un imprenditore balneare e non posso prendermi responsabilità stabilendo i comportamenti da adottare”. 

Tra le ipotesi il distanziamento degli ombrelloni o il servizio bar direttamente in spiaggia. 

“Dipende dalle situazioni. Ci sono delle spiagge molto grandi dove è ipotizzabile aumentare le distanze di sicurezza, ma per lo stesso motivo è impensabile garantire un servizio bar o ristorante direttamente all’ombrellone. Al contrario nelle spiagge molto piccole distanziare gli ombrelloni significa rinunciare a troppi posti e quindi non potranno probabilmente riaprire”. 

Diminuendo i posti c’è il rischio di prezzi più alti?

“Giustamente i consumatori hanno questa paura, come ce l’abbiamo anche noi. Il punto è che se io devo ridurre gli ombrelloni, passando – ad esempio – da 200 a 50, non sarebbe possibile far pagare a questi la stessa tariffa di quando ne avevo 200. Ma è chiaro che non posso neanche spalmare un ipotetico incasso su meno clienti, è impensabile. Però dobbiamo anche immaginare di proporre dei cambi di tariffe per rendere le aperture sostenibili. Se ci impegniamo ad aprire non possiamo andare in perdita, a quel punto si resta chiusi”. 

Qualcuno ha pensato sul serio che l’idea dei box in plexiglass potesse rappresentare una soluzione.

“Questa proposta era irrealizzabile ma ringrazio moltissimo l’azienda che ha sviluppato l’idea perché ha permesso di accendere i riflettori sul come si andrà al mare questa estate. Tutti ne hanno iniziato a parlare, quell’immagine è stata ripresa dai social, dai giornali e dai telegiornali. Voglio intenderla come una provocazione”.

Chiara Viti

Classe 1993. Ha studiato Filosofia a Roma e si è specializzata in Editoria e Giornalismo. Si è avvicinata al mondo della comunicazione lavorando come Ufficio Stampa, poi uno stage nella redazione di Report (Rai 3). Adesso è giornalista praticante presso la Lumsa Master School.