Germania, un voto storico che sembra un rebus

La corsa alla cancelleria tedesca è apertissima. Il 26 settembre la Germania tornerà al voto per rinnovare il Bundestag, il parlamento federale. Dalle urne uscirà il successore di Angela Merkel, che lascia dopo 16 anni di cancellierato. Secondo il sondaggio dell’istituto demoscopico Insa per il quotidiano tedesco “Bild” aggiornato al 21 settembre, il Partito socialdemocratico tedesco (Spd) è in testa con il 25% dei voti, in calo di un punto percentuale rispetto alle stime del 14 settembre. 

L’Unione democristiano-conservatrice, costituita dall’Unione cristiano-democratica (Cdu) e dall’Unione cristiano-sociale (Csu) insegue al 22%, anche se ha registrato un lieve recupero di 1,5 punti percentuali rispetto precedente sondaggio. I Verdi si confermano al 15%, mentre il Partito liberaldemocratico e Alternativa per la Germania (di estrema destra) scendono di mezzo punto, rispettivamente al 12 e all’11%. L’estrema sinistra della Linke rimane ferma al 6,5%. 

L’esperto di geopolitica e fondatore della rivista “Opinio Juris”, Domenico Nocerino, ha spiegato a Lumsanews che “i sondaggi mostrano un’enorme incertezza. La forbice tra Spd, Cdu/Csu  e Verdi non è molto ampia e le oscillazioni sono minime”. Gli indecisi rappresentano “circa il 25% degli elettori – aggiunge l’esperto – secondo l’ultimo sondaggio dell’istituto indipendente Forsa” e potrebbero rivelarsi decisivi per la formazione del nuovo governo. Se la graduatoria delle preferenze dovesse rimanere questa, i cristiano-democratici verrebbero superati dai socialdemocratici per la prima volta negli ultimi 15 anni. L’Unione, con il 10% in meno rispetto alle precedenti elezioni, registrerebbe il risultato peggiore degli ultimi 70 anni. 

Da Francoforte, il co-fondatore del blog collettivo “Kater” sulla Germania, ma anche autore presso “Linkiesta” e curatore della newsletter “RESET2021” sulle elezioni tedesche, Edoardo Toniolatti, spiega che le ragioni del declino della Cdu “possono essere in parte legate al candidato scelto: Armin Laschet è apparso fin da subito debole. Il leader della Csu, Markus Söder, era da sempre il preferito dei sondaggi, ma per motivi di equilibri interni all’alleanza, il peso della Cdu è stato determinante. All’interno dell’Unione – continua l’autore di Kater – il commiato di Angela Merkel non è stato ancora assimilato, l’assenza di una direzione precisa può essere vista come uno dei motivi della scarsa attrattività dell’Unione. Molti elettori possono essere spaventati dalla crescente influenza dell’ala destra all’interno del partito”. 

Il 19 settembre intanto si è tenuto l’ultimo dibattito televisivo, che è stato vinto ampiamente dal candidato socialdemocratico Olaf Scholz. Gli avversari, ovvero il candidato cristiano-democratico Laschet e la candidata ambientalista Annalena Baerbock, si sono rivelati meno convincenti per gli intervistati tedeschi. Il leader della Spd aveva vinto entrambi i precedenti dibattiti televisivi. “I ‘trielli’, come sono stati chiamati in Germania, in realtà non hanno smosso moltissimo”, sottolinea Toniolatti. “La campagna di Scholz è stata molto tranquilla e questo probabilmente è stato il suo punto di forza. Era da inizio anno il candidato preferito dai tedeschi ma i sondaggi condannavano la Spd a un risultato tragico, si parlava di non raggiungere neanche il 15%. Grazie alla sua forza come candidato, Scholz è riuscito a trascinare con sé il partito e portarlo al primo posto nei sondaggi”. 

Il candidato socialdemocratico si è concentrato sui temi di solidarietà e sostegno economico, come l’innalzamento del salario minimo, e “in modo molto intelligente, ha saputo toccare temi cari anche agli elettori dei concorrenti. Ha proposto nuove tasse per la fascia più ricca della popolazione, strizzando l’occhio alla sinistra tedesca: un tesoretto che servirebbe a finanziare progetti di transizione ambientale”, precisa Nocerino.

Laschet “era il vincitore annunciato – afferma Toniolatti – ma un programma elettorale arrivato tardi, una serie di dichiarazioni infelici e soprattutto figuracce come la famosa risata mentre il presidente Frank-Walter Steinmeier stava dedicando un ricordo alle vittime dell’inondazione – in Nord Reno-Vestfalia, avvenuto a metà luglio – hanno segnato negativamente la sua campagna elettorale, che è stata un po’ ambigua: non si è mai capito bene da che parte intendesse schierarsi”, puntando a volte sull’elettorato di destra e altre volte su quello moderato. 

Baerbock invece “ha accusato l’Unione e la Spd di aver impedito una politica climatica decisiva negli ultimi anni, ed è possibile che i recenti disastri ambientali possano dare una spinta per un aumento delle preferenze”, evidenzia Nocerino. La candidata ambientalista, sostiene Toniolatti, è stata sospinta inizialmente da un grande entusiasmo, ma ha pagato una serie di errori nella pianificazione della campagna e le accuse di plagio per il suo nuovo libro. Tuttavia, nei dibattiti televisivi, ha acquistato progressivamente fiducia e sicurezza, andando all’attacco nell’ultimo confronto ed evocando – a differenza degli avversari politici – il ruolo internazionale del Paese. 

La politica estera è stata infatti la grande assente nei dibattiti, nonostante potessero essere affrontati temi di grande riscontro mediatico, come la vicenda in Afghanistan, l’anniversario dell’11 settembre e le relazioni con la Cina. “Tradizionalmente la politica estera è un tema che ai tedeschi non interessa moltissimo, perché la Germania non è mai molto entusiasta del ruolo che dovrebbe spettarle, cioè quello di potenza leader a livello continentale”, chiarisce l’autore de “Linkiesta”, specificando che le motivazioni degli indecisi hanno a che fare con la debolezza dei candidati, piuttosto che con le proposte dei partiti. A confermare la tesi è l’esperto di geopolitica Nocerino, che attribuisce l’indecisione degli elettori al fatto che “i tre candidati principali sono stati, in un certo senso, ‘oscurati’ dalla figura ingombrante di Angela Merkel”.