Germania al voto: le incognite del dopo Merkel

Angela Merkel lascia un vuoto che sarà difficile colmare. Uscirà di scena dopo 16 anni di cancellierato segnando la fine di un’era sia per la politica tedesca che per quella europea. Con il voto di domenica 26 settembre, molte cose potrebbero cambiare nel periodo che possiamo definire senza indugi “post-Merkel”. Dopo le elezioni, in Germania permarrà la logica della coalizione. Nessun partito, infatti, ha i numeri per poter governare in autonomia e per lo stesso motivo è molto probabile che la nuova squadra di governo sia composta da tre partiti. “All’interno di questa logica – spiega a Lumsanews Federico Niglia, consigliere scientifico dell’Istituto Affari internazionali e docente di Storia delle Relazioni Internazionali all’Università per Stranieri di Perugia – l’opzione attualmente più incerta è quella classica, ovvero la ‘Grosse Koalition’ tra Cdu/Csu e Spd, sia perché i due partiti si stanno spostando su posizioni tradizionali, sia perché la campagna elettorale sta logorando l’alleanza”. Inoltre, in una recente dichiarazione, il leader del partito socialdemocratico (Spd) nonché attuale ministro delle Finanze, Olaf Scholz, ha dichiarato che la Cdu e la Csu dovrebbero andare all’opposizione. 

E se fossero proprio i socialdemocratici ad uscire vincenti dalle elezioni? Scholz ha più volte chiarito che preferirebbe una coalizione di governo con i Verdi di Annalena Baerbock. “Il terzo partito più accreditato – spiega Francesco De Felice, corrispondente a Berlino per Agenzia Nova – è il partito liberal democratico che viene considerato il grande elettore”. E sembra proprio che la Fdp non veda l’ora di entrare a far parte del governo, memore di quello che è accaduto nelle elezioni del 2017, quando il leader del partito Christian Lindner si è opposto fermamente a un’alleanza con Cdu/Csu e Verdi affermando che sarebbe stato “meglio non governare che governare male”. 

Giocano a sfavore di questa coalizione ‘semaforo’ però, alcune promesse a cui si è lasciato andare Lindner durante la campagna elettorale che entrano in contrasto con i principi della linea politica di Spd e Verdi. 

Tra gli scenari futuri non si può escludere la possibilità che la Cdu di Armin Laschet, contro ogni attuale pronostico, vinca le elezioni. A questo punto, per poter governare, l’ipotesi più probabile è che l’Unione si allei con i liberali e i Verdi, formando la coalizione ‘Giamaica’.

Un’altra combinazione possibile per il dopo voto è la coalizione rosso-rosso-verde tra Spd, Linke (partito di sinistra) e Verdi. 

In ogni caso nessun partito ha intenzione di allearsi con Alternativa per la Germania (Afd), partito nazionalista di estrema destra, capeggiato da Alice Weidel e Alexander Gauland, che attualmente è sotto sorveglianza dai servizi segreti tedeschi perché sospettato di estremismo politico. 

Il ruolo in Europa e l’asse Italia-Francia

“Qualunque sarà il partito o la coalizione vincente – sottolinea Niglia – questi dovranno declinare la loro politica come parte di una più ampia dell’Ue”. I rapporti con gli altri paesi, europei e non, rappresentano un anello fondamentale del programma politico del nuovo governo.

“L’assenza di Merkel può ridurre l’iniziativa tedesca nei confronti dell’Italia e potrebbe invece consolidarsi l’intesa franco-italiana – spiega De Felice – con una Germania in assestamento e una Francia in piena dinamica elettorale (tra un anno si andrà al voto), chi resta in Europa? L’Italia di Mario Draghi. Quindi non escluderei un nuovo ruolo decisivo del nostro Paese all’interno dell’Ue”.

A far propendere per questa ipotesi c’è il rischio concreto che potrebbe volerci molto tempo prima che l’asse franco-tedesco, tradizionale pilastro dell’Unione, torni in auge senza intoppi. ll suo futuro pertanto, sembra essere avvolto da una serie di incognite, minato soprattutto dall’avvento di un leader che, in ogni caso, sarà più debole rispetto alla cancelliera. “Se Macron verrà rieletto in Francia, tenterà sicuramente di posizionarsi come leader primario – dichiara il giornalista ed esperto di politica tedesca Lorenzo Monfregola – e per quanto riguarda Draghi, il suo alto credito internazionale è più che noto, quindi avrà spazi di manovra e di responsabilità nelle geometrie interne Ue”. 

Di tutt’altro avviso, invece, il giornalista e politologo Salvatore Santangelo, che sottolinea come “Tra Italia, Germania e Francia chi ha un ruolo più performante è la Germania, che sta mostrando grandi capacità di recupero. L’asse tra Berlino e Parigi è il più solido”. 

La Germania e le superpotenze mondiali

Il rapporto con Russia, Cina e Stati Uniti ha portato il cancellierato Merkel a porsi come una sorta di “camera di compensazione di una serie di tensioni tra gli Stati Uniti e la Russia e tra Whashington e Pechino e come alfiere della cosiddetta economia strategica europea”, sottolinea Santangelo. 

In particolar modo, sul versante russo, il filo diretto tra Angela Merkel e Vladimir Putin è sempre stato solido e pragmatico, tanto da spingere Donald Trump a parlare di una Germania “prigioniera della Russia” al summit Nato del 2018. Ma ora? Il silenzio dei tre candidati alla cancelleria, Laschet, Scholz e Baerbock, sembra indirizzare verso una situazione di stallo più che mai concreta. 

Altro nodo da sciogliere i rapporti con Stati Uniti e Cina. Innanzitutto dovrà essere affrontato il grande accordo strategico sugli investimenti tra l’Europa e il gigante asiatico, che attende ancora la ratifica da parte del Parlamento europeo. Inoltre, nonostante Berlino abbia accolto con favore l’arrivo di Biden alla Casa Bianca, rimangono sul tavolo ancora alcune questioni geopolitiche: il legame energetico-strategico di Germania e Russia e la relazione economica di Berlino con Pechino, entrambi non visti di buon occhio da Washington.

Chiunque sarà il nuovo cancelliere della Repubblica Federale tedesca, si ritroverà fra le mani temi e relazioni calde già affrontate da Angela Merkel che, come ricorda De Felice, “ha ripetuto l’errore tipico della cultura tedesca, ovvero la mancanza di pianificazione strategica. Ha erroneamente seguito una gestione monocratica del suo partito e dell’intero sistema politico”.