"Il 97% delle emissionidi ammoniaca al Nord Italiaproviene dai campi agricoli"

Guido Lanzani a Lumsanews: "Agricoltura è parte di un problema più grande"

“Il comparto agricolo non va colpevolizzato o criminalizzato perché è parte di un problema più ampio. Esiste un progetto concreto per ridurre le emissioni e va percorso con serietà e rigore, tenendo in considerazione le esigenze del mondo agricolo”. Guido Lanzani, responsabile della qualità dell’aria per Arpa Lombardia, spiega a Lumsanews come un modello di agricoltura intensiva, insieme ad altri fattori, può determinare l’inquinamento atmosferico. 

Densità di emissione di ammoniaca nel bacino padano | foto Life Prepair

Quali sono i principali inquinanti atmosferici emessi dall’agricoltura intensiva?

“Il principale problema legato al settore agricolo, che include sia l’agricoltura che gli allevamenti, è rappresentato dall’inquinamento atmosferico causato dalle emissioni di ammoniaca. Queste emissioni sono responsabili anche della produzione di polvere, particolarmente di PM10, che costituisce una parte significativa delle particelle sospese nell’aria che respiriamo. 

La qualità dell’aria è fortemente influenzata dall’emissione di ammoniaca, come evidenziato dal progetto Life Prepair che ha coinvolto tutte le regioni del bacino Padano. Questo progetto ha analizzato la composizione del PM10, rivelando la presenza significativa di nitrato e solfato di ammonio, connessi all’emissione di ammoniaca dall’ambiente agricolo. Se si vuole affrontare efficacemente il problema del PM10, è necessario intervenire sulle fonti di ammoniaca, soprattutto nell’ambito dell’agricoltura.

Nel bacino padano l’agricoltura rappresenta la principale fonte di emissioni di ammoniaca, contribuendo fino al 97% del totale. Queste emissioni hanno un ruolo fondamentale nella formazione del PM10, il quale ha un impatto diretto sulla salute pubblica e sull’ambiente. Pertanto, è cruciale adottare misure efficaci per ridurre le emissioni di ammoniaca e migliorare così la qualità dell’aria che respiriamo”.

Da dove proviene principalmente l’ammoniaca presente nell’aria?

“Semplificando la stima, un quarto dell’ammoniaca prodotta dall’agricoltura intensiva deriva dai fertilizzanti usati sul terreno. A diretto contatto con l’aria, l’ammoniaca si espande nell’atmosfera. Un’altra parte proviene direttamente dalle strutture dagli allevamenti intensivi attraverso liquami ed escrementi. Un quarto deriva invece dalle emissioni degli impianti di stoccaggio di questi liquami. Infine un’altra dispersione la si ha nel momento dello spandimento a livello superficiale del letame sui campi”.

Come vengono rilevati e monitorati gli inquinanti provenienti dall’agricoltura?

“L’Arpa svolge monitoraggi ambientali in due modi. Il primo in cui raccogliamo direttamente le polveri su un filtro per poi analizzare la composizione. Questa pratica ci consente di determinare le sorgenti delle specifiche particelle inquinanti. Completamente diversa e indipendente è la seconda modalità: l’inventario delle emissioni.  Un database sulle emissioni atmosferiche da attività naturali e umane, essenziale per gestire e monitorare la qualità dell’aria. Identifica settori critici come trasporti, agricoltura e industria, guidando azioni mirate per ridurre l’inquinamento. La sua realizzazione agevola la pianificazione e il controllo ambientale”.

Che impatto ha l’agricoltura intensiva sull’aria rispetto ad altre fonti di inquinamento atmosferico?

“Non si può assolvere nessuno. L’agricoltura e gli allevamenti hanno un impatto determinante sul problema inquinamento così come lo hanno le emissioni della combustione residenziale, soprattutto di legna, le industrie e gli ossidi di azoto prodotti dalle automobili. Il mix di tutte queste emissioni nocive nell’atmosfera ha portato alla situazione attuale di inquinamento non solo in Pianura Padana ma in tutta Italia”.

Esistono delle pratiche per ridurre le emissioni inquinanti dell’agricoltura intensiva?

“Sì. Ad esempio, per limitare l’emissione di ammoniaca durante lo spandimento, si può iniettare il letame direttamente nel terreno, così da rallentare la dispersione delle sostanze nocive nell’aria. O ancora si possono coprire con coperture apposite gli impianti di stoccaggio dei liquami. Questa pratica porta a ricadute positive dal punto di vista ambientale. Infine si può intervenire a livello di strutture agricole e dieta degli animali con l’obiettivo di ridurre l’ammoniaca presente nelle loro feci. Le regioni della Pianura Padana sono al lavoro. Queste opzioni individuano un percorso verso la soluzione del problema, peraltro già avviato nei piani regionali di qualità dell’aria”.

Lorenzo Urbani

Laureato in Media, comunicazione digitale e giornalismo alla Sapienza, sono giornalista pubblicista dal luglio 2020. Da un anno faccio parte del team di telecronisti per la redazione di Gianluca Di Marzio. Appassionato di tutti gli sport con il sogno di raccontare, un giorno, una finale di Champions League.