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Il ricercatore Alessandro Gili a Lumsanews

di Sofiya Ruda12 Febbraio 2024
12 Febbraio 2024
Alessandro Gili

Alessandro Gili è ricercatore dell’Ispi e curatore del report “The Sky Is Not the Limit. Geopolitics and Economics of the new space race. Ha spiegato come il controllo geopolitico dello Spazio stia riflettendo l’attuale situazione internazionale.

Perché è diventato così importante il controllo dello Spazio negli ultimi anni?

“Lo Spazio è sempre più centrale nel quadro del più ampio confronto geopolitico per ragioni di competizione generale. La prima corsa allo Spazio, dalla fine degli anni cinquanta alla prima metà degli anni settanta, era centrale per definire il ruolo di superpotenza tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Oggi la corsa significa possedere capacità tecnologiche e industriali tali per poter accedere ad un nuovo dominio di confronto geopolitico e, in prospettiva, di esplorazione”.

Quali potrebbero essere i vantaggi?

“La presenza nello Spazio ha profonde implicazioni tecnologiche, con la fornitura di servizi essenziali per i propri Paesi, quali connettività, applicazioni per l’agricoltura, monitoraggio infrastrutturale e mitigazione dei disastri. Si sta rapidamente sviluppando una nuova economia dello Spazio che, attraverso la rapida ed esponenziale riduzione dei costi di lancio, permetterà sempre più soluzioni tecnologiche e industriali. Senza dimenticare la grande rilevanza che potrà avere lo sfruttamento delle risorse minerarie su Luna, Marte, asteroidi e altri corpi celesti, con un ruolo sempre più cruciale per il settore privato in tale sfruttamento, che sarà positivo in prospettiva anche per la transizione energetica sulla Terra”.

Chi sono gli attori globali che si trovano a competere e collaborare nella nuova corsa allo Spazio?

“La Luna, attualmente, sembra essere il prossimo passo del confronto geopolitico nello Spazio. Da una parte, Stati Uniti, insieme a molti altri Paesi occidentali e del Golfo si sono impegnati nel programma targato NASA Artemis, che prevede un ritorno dell’uomo sulla Luna entro il 2026, per poi procedere alla costruzione di una base cislunare e alla presenza stabile sulla Luna, con la prospettiva di andare verso Marte”.

E dall’altro lato?

“Dall’altra parte, Cina e Russia sono impegnate nella costruzione di una stazione permanente di ricerca sulla Luna entro il 2036. Nell’iniziativa assume un ruolo sempre più preponderante la Cina, in particolare dopo il fallimento della recente missione di Mosca sulla Luna. L’idea della Cina di costruire alleanze è centrale anche nel quadro della Stazione spaziale Tiangong, che diverrà uno strumento geopolitico cruciale, soprattutto dopo lo smantellamento della Stazione spaziale internazionale all’inizio del prossimo decennio”. 

Stanno emergendo anche altri attori globali?

“Sì, altri attori si stanno affacciando in modo efficace sullo scenario della nuova corsa. L’India, ad esempio, ha lanciato una nuova strategia spaziale lo scorso anno, aprendo al settore privato, e nell’agosto 2023 è diventata il quarto Paese a far atterrare un veicolo spaziale sulla Luna. Nel Golfo, Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti sono impegnate in prima linea nell’accesso autonomo allo Spazio, e giocano spesso sulla cooperazione con entrambi i blocchi”.

L’Unione europea come si sta muovendo?

“L’Ue, d’altro canto, sta cercando di recuperare un accesso autonomo allo Spazio, attraverso i nuovi lanciatori Ariane 6 e Vega C, che dovrebbero essere pronti entro l’anno. Si tratta di un obiettivo essenziale per rimanere competitivi nella corsa e per partecipare allo sviluppo di tecnologie e di una filiera economica e industriale centrata sullo Spazio. Infine, non si può trascurare il ruolo del settore privato, sempre più centrale nell’offrire servizi a privati ma alle stesse agenzie spaziali quali la NASA”.

Gli ultimi conflitti in Ucraina e in Medio Oriente hanno portato cambiamenti?

“Hanno dimostrato come le tecnologie spaziali siano centrali per migliorare le informazioni sul campo e le comunicazioni. Attraverso le immagini satellitari, infatti, è possibile ottenere informazioni sul teatro bellico, individuare target e organizzare sistemi di difesa. Si è visto, inoltre, come i servizi di comunicazione e Internet satellitare offerti da attori privati (si pensi ad esempio alla costellazione Starlink di Elon Musk) siano stati cruciali, soprattutto nella prima fase del conflitto in Ucraina, ad assicurare le comunicazioni tra gli apparati militari del Paese”.

E per quanto riguarda la sicurezza?

“Molti Paesi stanno creando divisioni spaziali all’interno dei loro dispositivi militari, e molti Paesi e organizzazioni internazionali di difesa, come la Nato, hanno riconosciuto che gli attacchi verso, da o all’interno dello Spazio rappresentano una chiara sfida alla sicurezza e potrebbero portare a una risposta militare. Ciò in ragione anche del fatto che i test anti-satellite, condotti nel 2021 dalla Russia, per la prima volta dalla Cina nel 2007 e ancor prima dagli Usa, rappresentano una chiara minaccia alla sicurezza internazionale”.

Perché è necessario un campo di gioco equo e una collaborazione tra tutti gli attori globali nel controllo dello Spazio?

“L’attuale regolamentazione non è più adatta a un contesto in rapida evoluzione, che vede l’ingresso di un sempre maggior numero di attori statali, e soprattutto di aziende private. Il più importante trattato internazionale sullo Spazio, l’Outer Space Treaty, risale al 1967. Ora sono necessarie regole più chiare a livello internazionale, soprattutto per quanto riguarda l’appropriazione di risorse economiche nello Spazio. E bisogna evitare la proliferazione di leggi spaziali nazionali in contrasto tra loro, senza una base comune poggiante su regole di diritto internazionale. Lo Spazio è terreno di competizione, ma deve necessariamente anche essere luogo di cooperazione, considerando le sfide derivanti dall’esplorazione e per affrontare crisi sulla Terra, come quella climatica”.

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