"Io vittima di cyberbullismoOra aiuto gli altria uscire dall'incubo"

La testimonianza di Leonardo "Sui social boom di spettatori"

Leonardo Cesaretti ha 21 anni ed è stato insignito del titolo “Alfiere della Repubblica” per l’attività di sensibilizzazione sul tema del bullismo. Fa parte del Centro Nazionale Contro il Bullismo – Bulli Stop A Lumsanews ha raccontato quanto vissuto sulla sua pelle.

Leonardo da dove nascono gli episodi di bullismo da te vissuti?

“La mia storia parte dal periodo delle scuole medie. Ero grasso, basso, avevo gli occhialoni grandi, l’acne e l’apparecchio, quindi avevo tutte le caratteristiche per essere una vittima di bullismo. A causa della mia insicurezza, ero sempre alla ricerca dell’approvazione da parte degli altri. Dal primo giorno del primo anno un mio compagno di classe ha cominciato a mettermi da parte, a denigrarmi, a prendermi in giro, a darmi dei nomignoli, soprannominandomi quattrocchi o ciccione. Me ne diceva davvero di tutti i colori. Mi obbligava poi a stare in fondo alla classe, a sinistra, lontano da tutti, così che nessuno potesse parlare con me. Per lui era un divertimento: godeva a vedermi così. Tutto questo per tutti e tre gli anni delle medie”.

Qual è l’episodio che ti ha scosso particolarmente?

“Mi ricordo di un episodio avvenuto durante la ricreazione nel bagno della scuola. In quel periodo il mio bullo aveva cominciato a circondarsi di ragazzi che gli davano una mano. Fu proprio un suo amico, suo ‘scagnozzo’, a darmi, appena entrato in bagno, un cazzotto in faccia. Andai in ospedale: mi diedero diversi giorni di prognosi per trauma cranico e mi ritrovai con un occhio tumefatto. Tutto ciò sommato a un morale decisamente sotto le scarpe. Durante il terzo anno un altro ‘scagnozzo’ del mio bullo, sempre nel bagno della scuola, sempre durante l’intervallo, mi diede un altro cazzotto in faccia. Finii in ospedale per l’ennesima volta”.

Queste cose sono successe anche al di fuori dell’ambiente scolastico?

“Sì. Alle medie ero solito uscire con delle mie amiche nel centro del paese in cui vivevo. Camminando, vedo dall’altra parte del viale il bullo e i suoi scagnozzi che mi vengono incontro. Mettono subito da parte le ragazze. Mi accerchiano, cominciano a tirarmi delle patatine che avevano comprato poco prima e cominciano a sputarmi. Improvvisamente questo cerchio si apre: penso che sia finita, cerco di uscire. Ma non appena vado via, mi accorgo di avere due sigarette accese all’interno del cappuccio del cappotto di nylon che comincia a prendere fuoco. Fortunatamente riesco a sfilarlo in tempo”.

Sei stato coinvolto anche in episodi di cyberbullismo?

“Sì, sembrerà strano perché da quando ho fatto le scuole medie sono passati ormai 12 anni, era un’altra epoca. Ma comunque ricordo di non essere stato inserito nel gruppo Whatsapp dei miei compagni, un classico del bullismo online. Questo spazio veniva utilizzato per prendermi in giro e mettermi in cattiva luce nei confronti delle altre persone. Io, personalmente, non leggevo i messaggi e non sapevo cosa si scrivessero in quel gruppo. Non ho mai voluto sapere. Ma sono venuto a conoscenza dell’esistenza di questo gruppo attraverso le mie amiche”.

Pensi che i social abbiamo acuito il fenomeno tradizionale?

“Il cyberbullismo è una vera e propria piaga, forse anche peggiore del bullismo classico. Se una classe di una scuola superiore è composta in media da 20 ragazzi e si verifica un atto di bullismo al suo interno, a vivere quell’episodio saranno soltanto quei 20 ragazzi. Quando però uno di loro prende in mano uno smartphone e comincia a fare un video postandolo sui social, gli spettatori di quella stessa violenza diventano tantissimi. È lì che il bullismo esce fuori dai confini scolastici, con la conseguenza che la persona presa di mira non entra più a scuola”.

Come sei uscito da questa bolla di violenza e vessazioni?

“Dopo le scuole medie è cambiato tutto. Sono andato via dal paesino di provincia e sono arrivato a Roma, dove ho fatto le scuole superiori. Ora torno lì raramente, ma tutt’oggi faccio volontariato, giro per tantissime scuole portando la mia esperienza e cerco di aiutare chiunque sia vittima di bullismo. Nel 2019 il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella mi ha conferito il titolo di Alfiere della Repubblica per meriti sociali come risposta al bullismo”.

La tua famiglia è stata presente in questo percorso?

“I miei genitori speravano che la vicenda si risolvesse con tempistiche più brevi. Speravano che standomi accanto, parlando con i professori e con i genitori di questo ragazzo si potessero superare queste difficoltà. La cosa, però, non è successa. Solo dopo il primo cazzotto, i miei hanno provato a sporgere denuncia, ma gli stessi Carabinieri hanno sconsigliato di farlo. In ogni caso, sin dalle prime prese in giro ho deciso subito di parlarne con la mia famiglia”.

Quanto ti ha aiutato il supporto della realtà a cui ti sei rivolto?

“Prima di conoscere il Centro Bulli Stop ero una persona estremamente timida, chiusa. Non riuscivo a parlare con persone che non conoscevo. Non ero nemmeno capace di parlare durante le interrogazioni. Quello che mi avevano fatto andava realmente ad incidere sulla mia sicurezza, è una cosa comune. Durante i nostri dibattiti nel Centro molti ragazzi scoppiano in lacrime. Noi abbiamo un format strategico-comunicativo-pedagogico ideato dalla Pedagogista la nostra Presidente la Prof.ssa Giovanna Pini, che seguiamo e che appunto tira fuori tutte le loro emozioni. Ai dibattiti richiedono tanto supporto sia le vittime di bullismo che i bulli, alle quali Bulli Stop dà la prima assistenza gratuita in ogni settore: pedagogico, legale e neuropsichiatrico. Se avessi conosciuto prima il Centro, probabilmente mi sarei fatto forza e coraggio e avrei agito anch’io in altro modo”.

Il logo del Centro Nazionale Contro il Bullismo – Bulli Stop