Maria Rosaria Paterino, Psicologa e psicoterapeuta

"La paura di essere bruttiprodotto di una societàche ci vuole perfetti"

La psicologa Paterino a Lumsanews "L’insicurezza può diventare patologica"

La psicologa e psicoterapeuta Maria Rosaria Paterino analizza il fenomeno dell’uso della chirurgia estetica. “Alla base c’è sempre una grande insicurezza che può sfociare nella dismorfofobia” dice a Lumsanews.

I dati mostrano il continuo aumento di interventi chirurgici e non. Come si spiega questo fenomeno? Cosa scatta nelle pazienti?
“Questo aumento è figlio dei nostri tempi, di questo mostrare il corpo e di questo eccessivo bisogno di perfezione”.

La pandemia ha inciso? Togliersi la mascherina dopo 2 anni per alcuni è stato uno choc…
“La pandemia ci proteggeva su tanti livelli. Non solo da un punto di vista fisico essendo la maggiore protezione contro il Covid ma ci proteggeva anche rispetto a piccoli o grandi difetti. Togliere la mascherina ha significato scoprirsi e noi non ne eravamo più abituati. È chiaro che ci troviamo di fronte a persone con livelli di insicurezza molto alti e che a livello latente avevano già piccole o grandi insicurezze”.

La chirurgia estetica ammalia le giovanissime. Come mai?
“Le giovanissime si trovano a vivere in un periodo di vita che è quello dell’adolescenza in cui non si ha un preciso senso di sé stesse sia a livello caratteriale che fisico perché comincia uno sviluppo corporeo di tipo diverso. Quel momento di crescita, inserito in questo momento storico, culturale, sociale che chiede sempre di essere perfetti, porta a una continua non accettazione del proprio corpo e si pensa che ricorrere all’intervento estetico risolva i problemi”.

Cosa accade quando un paziente non si vede bene? Cosa si cela dietro l’esigenza di ricorrere ad un intervento estetico?
“C’è sempre una grande insicurezza che può diventare patologica sfociando nella dismorfofobia”.

Quando parliamo di dismorfofobia cosa intendiamo?
“Una eccessiva preoccupazione per i propri difetti fisici che o sono inesistenti o di entità ridotta o inferiore rispetto a come li considera la persona. Questo disturbo insorge in età precoce, tra i 10 e i 15 anni e la distribuzione tra i sessi è abbastanza simile. Il problema reale è che questi pazienti non sono coscienti della loro patologia, si rivolgono molto spesso a chirurghi estetici ma spesso l’intervento chirurgico non li soddisfa. Nei casi peggiori questo comporta gravi problemi di natura relazionale e lavorativa perché il pensiero ossessivo fa sì non solo che questa gente si ritiri in casa ma comporta una difficoltà anche lavorativa perché non è più in grado di concentrarsi sul lavoro o sullo studio”.

Cosa succede quando il giudizio degli altri prende il posto dell’identità?
“L’altro è il nostro specchio e quando noi siamo insicuri l’altro diventa l’ago della bilancia rispetto al nostro andare bene o andare male.Tutto questo parte da un’eccessiva insicurezza perché non è più importante quello che io penso di me. Nel lavoro terapeutico bisogna far prendere al paziente coscienza di sé non solo fisicamente ma anche caratterialmente, accettarsi e amarsi”.

I mass media e i social come ci condizionano? L’utilizzo dei filtri sui social ci fa sembrare come non siamo.
“L’utilizzo dei filtri che ci rende tutte perfette, anche omologate. Questo mi fa sentire più bella per come io mi pongo sui social ma mi rende più insicura con me stessa nei momenti in cui devo confrontarmi con la realtà fomentando l’insicurezza”.

Esiste la dipendenza da auto fotoritratto attraverso il cellulare (selfie) riconosciuta dall’associazione psichiatrica americana come disturbo mentale…
“È un fenomeno abbastanza recente la selfie addiction. Si tratta di una dipendenza di tipo comportamentale centrata sull’immagine di sé, sull’essere socialmente accettati e quindi si accompagna a un’autostima patologicamente bassa. Gli psichiatri americani chiamano la selfies questo bisogno di doversi fotografare costantemente. Per gli psichiatri il disturbo è di natura saltuaria se i selfie sono massimo 3 al giorno e non vengono pubblicati sui social mentre diventa cronica con l’aumento del numero e se pubblicati sempre più spesso nell’arco della giornata”.

Ha delle storie di pazienti che ricorda in particolare del periodo post pandemico che riflettono tutto questo?
“Ci sono persone adulte che stanno facendo ricorso a interventi come l’acido glicolico per togliere le macchie sulla pelle oppure il rimodellamento del viso. E tra l’altro sono persone comuni con uno stipendio medio da dipendente statale che stanno spendendo molti soldi in interventi estetici che sono costosi”.

Silvia Longo

Classe 1996. Lucana. Dopo una laurea triennale e magistrale in Relazioni Internazionali qui per coltivare una passione che ho da sempre: scandagliare la realtà e tradurre in parole fatti ed emozioni.