HomeCultura L’Accademia della Crusca istruisce la Cassazione niente schwa e articoli

L'Accademia della Crusca
si esprime alla Cassazione
sul linguaggio di genere

Niente schwa e asterischi

Nomi di professioni al femminile

di Lorenzo Urbani20 Marzo 2023
20 Marzo 2023

FIRENZE – Basta con schwa ed asterischi. Stop anche alla duplicazione dei generi, e all’articolo davanti ai cognomi femminili. L’Accademia della Crusca dice la sua sul dibattito politico-linguistico che divide il Paese e risponde al comitato delle pari opportunità del consiglio direttivo della Corte di Cassazione in merito alla richiesta di rendere la scrittura degli atti giudiziari più inclusiva. Come riportato dal Corriere della Sera, l’Accademia afferma che “I principi ispiratori dell’ideologia legata al linguaggio di genere e alle correzioni delle presunte storture della lingua tradizionale non vanno dunque sopravvalutati, perché sono in parte frutto di una radicalizzazione legata a mode culturali” e per questo suggerisce alla Cassazione anche una serie di indicazioni pratiche da seguire.

Al bando gli asterischi e schwa (Ə) nella lingua giuridica in quanto, stando agli esperti, “l’uso di segni grafici che non abbiano una corrispondenza nel parlato, introdotti artificiosamente per decisione minoritaria di singoli gruppi, per quanto ben intenzionati”. Vietata, poi, la reduplicazione retorica – usata per intensificare un concetto a scopo espressivo – “che implica il riferimento raddoppiato ai due generi”. Si deve quindi preferire l’uso di forme neutre o generiche oppure il maschile plurale non marcato che l’Accademia intende come “un modo di includere e non di prevaricare”.

Gli esperti della Crusca riferiscono inoltre che si debba “far ricorso in modo sempre più esteso ai nomi di professione declinati al femminile”. Infine, sugli articoli prima dei nomi – come la Meloni – osserva che “oggi è considerato discriminatorio e offensivo. Tuttavia, per quanto estemporanea e priva di motivazioni fondate, l’opinione si è diffusa nel sentimento comune, per cui il linguaggio pubblico ne deve tener conto”. I consigli inviati dall’Accademia alla Corte di Cassazione hanno una “finalità educativa rispetto alla popolazione presente e futura” perché, un cambiamento radicale della lingua condizionerebbe la “percezione della realtà”.

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