Malati per l’azzardo, un gioco senza regole

“Arrivavo a perdere anche 7000 euro al giorno. Avevo capito di essere un giocatore d’azzardo compulsivo perché non mi interessava più vincere, volevo solo giocare. Non esisteva fermarsi, un ludopatico compulsivo che gioca da 10 anni non può fermarsi”.

Giuseppe ha solo 27 anni, ma già da molto tempo combatte contro questa dipendenza.

“Avrò perso circa 500mila euro. Per pagare i debiti di gioco rubavo, vendevo gioielli, credo di aver venduto oltre 100mila euro d’oro, dilapidando tutto il patrimonio della mia famiglia”.

In Italia, secondo i risultati dello studio condotto dal CNR, circa 17 milioni di individui hanno giocato somme di denaro almeno una volta negli ultimi 12 mesi e di questi oltre 5,5 milioni sono giovani adulti tra i 15 e i 34 anni. I risultati mostrano che poco meno del 15% dei giocatori presenta un comportamento di gioco definibile a basso rischio, il 4% un comportamento a rischio moderato e l’2,4% un comportamento di gioco problematico.

L’illusione di poter cambiare vita, fare soldi facili, dimenticare i problemi quotidiani, questo caratterizza l’esistenza parallela del giocatore d’azzardo patologico.

Simone Feder psicologo e coordinatore dell’associazione “No slot” sostiene che “Molte persone in cura presso la nostra associazione inizialmente avevano inciampato nell’azzardo, ma poi condizionate dall’offerta, soprattutto quella on line, ne sono rimaste dipendenti. L’età media si aggira fra 30 e i 35 anni ed il rapporto uomo donna è di 4 a 1”.

La psicologa palermitana Emanuela Coppola esperta in psicoterapia prova a spiegare perché si gioca d’azzardo. “Siamo in un dialogo costante col mondo. Il gioco d’azzardo risente inevitabilmente di una deriva culturale. È come se oggi desiderassimo di ottenere qualcosa con il minimo sforzo: la slot machine è l’espressione puntale di questo perché il suo utilizzo si basa su un comportamento automatico privo di uno sforzo cognitivo con l’illusione di raggiungere il massimo risultato”.

Questa malattia non solo logora la mente ma incide anche sui rapporti umani della persona: “C’è chi non mi ha più parlato, c’è chi mi assecondava – ammette Giuseppe –  ci sono amicizie che ho perso a causa del gioco. Ho perso anche una ragazza. È davvero devastante. Ti ritrovi solo senza neanche accorgertene”

L’associazione “No slot”, spiega Feder, “Ha fatto migliaia di incontri nelle scuole e c’è un dato che spaventa: quasi il 10% di minori dichiara che in famiglia almeno una persona gioca d’azzardo tutti i giorni”.

Secondo Coppola, la caratteristica che rende complicata l’emersione di questa difficoltà è l’inaridimento delle possibilità esistenziali: “Si tratta di persone che non hanno una realizzazione personale, amorosa, professionale. Una desertificazione dell’orizzonte delle possibilità a cui si cerca di far fronte capovolgendo la propria condizione esistenziale in un ideale di guadagno”.

I dati raccolti da “No slot” confermano che su 100 giocatori patologici presi in cura 95 lo sono di slot machine e video poker, i restanti 5 si dividono tra gratta e vinci, video lottery e scommesse.

Giuseppe continua a giocare, nonostante abbia partecipato a programmi di recupero, nonostante le innumerevoli perdite. “Sto seguendo una cura da una psicologa esperta in dipendenze da gioco d’azzardo, ma ha capito che con me è dura perché io non le lascio input a cui aggrapparsi. Non faccio nulla. Io credo che se dentro di te non ci sia una decisione talmente forte da convincerti di voler cambiare, si può fare di tutto ma non si smetterà mai”.

Non a caso, come dice Coppola, “una delle caratteristiche del giocatore d’azzardo patologico è l’idea di potercela fare da solo. Una sorta di svuotamento della centralità delle relazioni. La persona che soffre di una dipendenza ritiene di poter bastare a sé stesso e di risolvere autonomamente il proprio disagio emotivo e comportamentale”.

Dall’ossessione alla patologia il passo è breve e gli effetti non sono solo psicologici: tra video lottery, cavalli, scommesse sportive, casino online, la discesa verso l’abisso è rapida e avviene davanti agli occhi impotenti dei familiari che si accorgono della metamorfosi senza sapere come intervenire: “I miei genitori sanno perfettamente che gioco, che sono in cura, che non sto riuscendo a smettere di giocare e sanno ogni mio episodio di compulsione ma solo quando questo si è già verificato”.

Nella “Casa del giovane”, il centro medico per dipendenze di Pavia da cui è partito il progetto “No slot”, ci sono tre gruppi di ascolto – spiega Feder – “Che ogni settimana si riuniscono: sono circa 50 persone con i rispettivi familiari. Si creano modelli di ascolto e percorsi personali con supporto psicologico, ma è fondamentale la presenza del familiare accanto al dipendente. Non c’è terapia per noi se non c’è il familiare accanto”.

Quella dell’azzardo è un’industria basata sulla patologia, solo nel 2017 l’AAMS ha raccolto giocate per un importo superiore a 100 miliardi di euro, una crescita senza paragoni in Europa, un settore che non conosce crisi. Nel 2016 dalle piattaforme internet si è raccolto più di 1 miliardo di euro, solo il 5% del gioco distribuito sul territorio.“Mai nessuna droga aveva toccato gli anziani. L’azzardo ce l’ha fatta” commenta Feder, che poi aggiunge: “L’azzardo non produce ricchezza ma se la porta via. Oggi i ragazzini a 12 anni hanno già grattato un gratta e vinci o schiacciato un tasto di quelle diaboliche macchinette”.

Una malattia fruttuosa per l’industria del gioco se si pensa che il gettito complessivo del settore deriva proprio dai giocatori patologici per una percentuale che arriva anche al 60%. In Italia le videoslot sono quasi 400mila e nel 2018 si è registrato un boom di richieste di installazione. Una contraddizione per uno Stato che dice di voler combattere la ludopatia, ma che al contempo non ha mai attuato il “piano Balduzzi” del 2012 che prevede distanze minime delle sale da scuole, ospedali e chiese e che non ha mai riordinato il settore con una legge specifica.

 

Secondo Feder “Vero è che manca una legge nazionale di riordino, ma in Sardegna e Lombardia alcune leggi regionali hanno permesso a molti comuni di redigere ordinanze per arginare il gioco d’azzardo, portando alla chiusura delle slot e dei video poker in determinate fasce orarie della giornata. Inoltre è stata limitata l’apertura di nuove sale e l’installazione di nuove slot che non rispettavano le distanze minime dai luoghi sensibili”.

Tra i giocatori c’è chi si accorge di aver toccato il fondo e cerca di uscirne. Il Ser.T. e le Usl organizzano gruppi di mutuo aiuto e assistenza psicologica e psichiatrica. In queste strutture si partecipa a colloqui motivazionali e valutativi affinchè l’equipe medica stabilisca il trattamento medico da applicare. Fra i membri della famiglia viene nominato un tutor col compito di monitorare il soggetto relativamente alla gestione del denaro. Spesso familiari e ludopatici si mettono insieme, spontaneamente, per vincere la battaglia, anche se poi non si può parlare mai di una vera vittoria.

“Ognuno di noi puoi diventare un giocatore compulsivo. Quello che posso consigliare a chi ha il mio stesso problema è staccare del tutto con il gioco, andare in un centro specializzato, capire quanto rovini la vita il gioco compulsivo, quanto ti faccia restare indietro, quanto ti può trasformare fino a non riconoscerti più”.