Supportare e divulgare: questa è la mission di Ape, Associazione Progetto Endometriosi. La presidente Annalisa Frassineti racconta a Lumsanews le difficoltà del Sistema Sanitario Nazionale nella gestione di questa malattia e ribadisce l’importanza dell’informazione e della formazione sull’endometriosi.
Quali sono le criticità principali che sollevano le pazienti affette da endometriosi?
“La più grande criticità è la mancanza di diritti. Prima di tutto le donne non sono tutelate a livello lavorativo. A causa della malattia molte perdono il posto di lavoro o sono costrette a ridurre l’orario di servizio. Poi c’è il problema dell’esenzione: l’endometriosi rientra nei LEA, i Livelli Essenziali di Assistenza, ma solo per il terzo e quarto stadio, che nella teoria dovrebbero essere comprovati da un intervento chirurgico, quando – in realtà – questa malattia è sempre meno operata. Poi c’è un problema legato al luogo dove si vive: i LEA prevedono una visita e un’ecografia ogni 6 mesi ma ad oggi ci sono regioni che non dispongono ancora di centri specializzati per questa patologia, costringendo le pazienti a spostarsi per curarsi, tutto a proprie spese”.
Che problemi affronta il Sistema Sanitario Nazionale con questa malattia?
“Il problema principale è che mancano gli specialisti e per questo c’è ancora un ritardo diagnostico che è vergognoso. Ci vuole una formazione maggiore, che parta dai medici di medicina generale, la figura più importante per avere una diagnosi precoce. Perché il problema principale di questa malattia, come di molte altre legate alla sfera ginecologica, è la mancanza di cultura sul dolore femminile. Il dolore delle donne viene ancora sminuito e il problema deriva dal fatto che le malattie femminili sono solo femminili. Inoltre, almeno nella teoria, non è una malattia mortale e il Sistema sanitario va per priorità. Patologie come l’endometriosi o la vulvodinia non lo sono”.
Lo Stato come gestisce queste malattie?
“Ha disposto che ogni Regione faccia una propria legge e abbia una struttura adibita a gestire le pazienti con endometriosi, ma non tutte le regioni si sono adeguate. Per esempio l’Emilia Romagna ha una legge e centri specializzati, poi ci sono regioni come il Molise o la Calabria in cui non c’è neanche un ambulatorio dedicato alla cura di questa patologia”.
L’endometriosi è stata riconosciuta nei LEA, altre malattie della sfera ginecologica ancora no. Perché?
“Comprendo la rabbia di chi soffre di patologie come la vulvodinia o il dolore pelvico cronico, di non veder riconosciuta la malattia da cui sono affette, in quanto si tratta di condizioni altrettanto invalidanti. L’endometriosi ha però una priorità perché è una malattia che compromette organi vitali e quindi c’è la necessità di preservare un minimo la paziente anche perché è una delle cause principali di infertilità nella donna. Inoltre, sono molti anni che lottiamo affinché questa malattia venga riconosciuta e dal 2023 abbiamo raggiunto questo obiettivo”.


