Obama: spazio alla crescita, salari più alti e un ponte verso l’Europa

Una partnership transatlantica per rilanciare il commercio e gli investimenti. Barack Obama tende la mano all’Europa e, nella presentazione al Congresso della sua agenda di governo martedì notte, lancia la proposta di un’area di libero scambio con il vecchio continente. Si chiamerà “Ttip”, “Transatlantic trade and investment partnership” e, parola di Obama ai suoi cittadini, “sosterrà milioni di posti di lavoro negli Usa”.
La politica estera del secondo mandato. Creare la zona di libero scambio più grande del mondo è un’idea che lancia un messaggio preciso ben oltre il continente europeo. E’un messaggio per il continente asiatico e per le sue potenze emergenti. Significa diffondere i propri standard e le proprie regole nel mondo degli affari. Significa ribadire i principi sottesi a quel tour del sudest asiatico, scelto da Obama come suo primo viaggio estero all’indomani della rielezione. Il diretto concorrente degli Usa, sulla scena mondiale, è ormaila Cina e, per la politica estera degli americani, è ora essenziale arrivare prima di questa a garantirsi rapporti privilegiati con l’Europa o con gli stessi paesi asiatici in via di sviluppo, comela Birmania ola Tailandia.
Dalla sponda europea. Anche il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, ieri ha parlato del “Ttip” in toni entusiastici, dal momento che potrebbe produrre in Europa uno stimolo economico pari allo 0,5% del suo Pil.
Ci voleva la parola del neoeletto Presidente americano per riportare sulla bocca degli europei la parola “crescita”. Il lungo vertice tra i 27 paesi, che la scorsa settimana ha portato al varo del nuovo bilancio Ue per i prossimi sette anni, si è infatti inserito nell’ormai consolidato solco dell’austerità e del rigore. La linea dura, quella dei conti in ordine, ha trionfato ancora e ha partorito il primo bilancio con tagli alla spesa nella storia d’Europa.
Obama, un secondo mandato di svolta a sinistra. In fatto di tagli, Obama non ha certo la mano ferma degli europei. E guarda con timore a fine mese, quando scatterà la “tagliola” del cosiddetto “fiscal cliff”, ovvero l’entrata in vigore automatica di 120 miliardi di tagli alla spesa pubblica per il contenimento del debito, che i repubblicani sostengono a spada tratta. Nel frattempo, i propositi del suo secondo mandato guardano sempre più a sinistra e sempre più alla classe media. Salari minimi più alti, indicizzati al costo della vita, asili nido pubblici per le famiglie bisognose, finanziamenti obbligatori per l’energia pulita da parte di chi estrae petrolio e gas dal sottosuolo americano. E ancora, un piano per limitare l’uso delle armi da fuoco, soprattutto quelle automatiche, e per legalizzare gli 11 milioni di immigrati clandestini che vivono negli Stati Uniti. Ridare fiato al ceto medio, prima vittima della crisi economica ed occupazionale, alzare il livello delle tutele sociali, creare posti di lavoro: nell’agenda del secondo Obama si parte da qui per sostenere il futuro di un modello democratico e liberale.

Giulia Di Stefano