HomeCronaca La scienziata italiana che studia il virus in Svizzera

'Oltre la quarantena'
La storia di Costanza
biologa rimasta in Svizzera

La 25enne di Roma farà parte di un team

dedicato allo studio del Coronavirus

di Diana Sarti25 Marzo 2020
25 Marzo 2020

Continua ‘Oltre la quarantena’ un racconto in tre parti. Un filo rosso che lega Israele, Svizzera e Regno Unito. È la storia di tre italiane che vivono all’estero e hanno deciso di raccontarsi a Lumsanews, per spiegare come sia cambiata la loro vita quotidiana al tempo del Covid-19. Seconda tappa, Zurigo.

 

Prima si occupava “solo” della ricerca sul cancro. Adesso però, si è aggiunta anche quella sul Covid-19. “L’autorizzazione è arrivata da pochissimo. Ci hanno dato il via libera, possiamo partire con lo studio in laboratorio”. A parlare è Costanza Borrelli, scienziata di 25 anni, romana di nascita ma svizzera da ormai 5 anni. Attualmente sta facendo un dottorato di ricerca in biologia all’UZH, l’Università di Zurigo. Prima del Coronavirus si divideva tra gli esperimenti e la bioinformatica. Poi il lavoro è diventato in smart working o, come lo chiama lei, in home working.

Come detto, in virtù di un permesso speciale del rettore, per lei si riapriranno le porte dell’Università, altrimenti chiuse a causa dell’emergenza. La dottoressa Borrelli infatti è stata scelta, insieme a pochi altri ricercatori del team di cui fa parte, per lavorare sul virus in laboratorio. “A Berna c’è una struttura all’interno dell’ospedale con cui noi collaboriamo. Il loro laboratorio chiude. Penso che sarà riconvertito in un centro dove si effettuano le analisi sul genoma del Covid-19, per cui il lavoro che prima svolgevano lì ora passa qui, a Zurigo” spiega Costanza.

Dalla sua voce traspare la soddisfazione di poter intraprendere un nuovo progetto in un settore attualmente molto importante: “Sto leggendo tanto e mi sto preparando al meglio perché, dalla prossima settimana, inizierò con i miei colleghi la ricerca diretta sulle proteine del virus (la parte non infetta del Covid-19). È uno studio di base sul meccanismo del virus per cercare di capire come funziona” dice. Tuttavia la pista che proveranno a seguire non sarà, come avviene in altri Paesi, quella di bombardare le cellule con farmaci per HIV, artrite reumatoide o malaria: la domanda a cui vogliono rispondere è, piuttosto, per quale motivo il virus colpisca soprattutto gli anziani e in maniera così aggressiva, al netto delle patologie pregresse, lasciando invece bambini e giovani spesso asintomatici. “Al di là delle speculazioni che sento in questo periodo una risposta biologica a questa domanda ancora non c’è”, afferma la giovane scienziata.

Una foto di Costanza Borrelli scattata nel 2017 nel laboratorio dell’Imperial College di Londra. Fonte: suo archivio privato

Per questo motivo adotteranno una strategia diversa, partendo da alcuni studi recenti che teorizzano una possibile associazione tra l’uso dei farmaci contro l’ipertensione e la suscettibilità al Covid-19: “Sembra che se si assumono antipertensivi (è il caso delle persone anziane), ci sia un aumento della probabilità di contrarre in forma aggressiva l’infezione da Coronavirus. Per ora non ci sono risultati ad alta attendibilità, quindi spetta a noi lavorarci. Anche una risposta negativa sarebbe comunque un passo avanti” spiega Costanza, sottolineando però che la strada è ancora lunga.

Ad oggi non c’è una comprovata evidenza scientifica a supporto di questa ipotizzata correlazione per cui smettere di prendere l’antipertensivo a causa o per paura del virus è assolutamente sbagliato, ricorda la Società Europea di Cardiologia .“Ora come ora per me la cosa migliore da fare è rimanere ognuno dove si trova e aspettare”, dice. Lei ha scelto di rimanere in Svizzera, nonostante l’altissimo numero di casi positivi in proporzione al numero di abitanti: nella Confederazione Elvetica sono oltre 10mila i contagiati su 8.5 milioni di persone, a fronte degli oltre 74mila casi italiani spalmati però su una popolazione di 60 milioni di persone. “Stare a Roma è più sicuro che stare a Zurigo. Qui il Paese è molto interconnesso, ci sono tanti pendolari. Chissà da quanto tempo è in circolazione il virus” si chiede la biologa.

Infine un’ultima riflessione sui tempi lunghi per il vaccino. Ne sono stati già messi a punto a decine nel mondo però prima di ricevere il via libera da Aifa, Fda e Ema dovranno essere testati per più di un anno. “Prima vengono somministrati ai pazienti sani per capire quale sia il dosaggio giusto, poi bisogna dare tempo al sistema immunitario di creare gli anticorpi. In seguito c’è la fase di monitoraggio in cui si osserva se gli anticorpi rimangono in circolazione o meno e quali sono gli effetti collaterali. Dal punto di vista scientifico non è difficile arrivare a una molecola che funzioni, però poi ci vuole tempo per tutto il processo che viene dopo. Per ora l’unica cura è rimanere a casa per bloccare questa prima ondata. Poi, forse, per la prossima ondata avremo più armi per difenderci” conclude.

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