Padre Yuriy Khamulyak con dietro un monastero distrutto dai bombardamenti russi

"Dallo scoppio della guerrala mia vita è divisa a metàtra parrocchia e fronte"

Padre Yuriy Khamulyak a Lumsanews "Il Signore ci aiuterà a superare tutto"

“Anche durante la guerra dobbiamo ricordarci di come la fede in Dio è speranza. La verità è dalla parte degli ucraini, il popolo aggredito” dice Padre Yuriy Khamulyak, sacerdote della Chiesa greco-cattolica ucraina che, da quando è scoppiato il conflitto, si occupa di assistenza spirituale ai militari e ai civili nelle zone di guerra. A Lumsanews ha raccontato la sua esperienza.

Dove si trovava quando è iniziata l’invasione russa?

“Il giorno prima io e il sacerdote Vasyl, un mio amico, eravamo a Popasna, nell’oblast’ di Luhans’k, per visitare i nostri militari. I comandanti, che probabilmente avevano ricevuto qualche informazione sull’imminente attacco, ci dissero che dovevamo tornare subito nelle retrovie e che non potevamo rimanere in una zona pericolosa come quella in cui eravamo. Ci siamo spostati in un posto più sicuro. La guerra ci ha ‘trovati’ a Kharkiv, eravamo lì durante l’inizio dei bombardamenti. Dopodiché, in tre giorni, siamo tornati in prima linea con i militari. Abbiamo portato le cose che servivano in quel momento in macchina. Ora sto aspettando il permesso per diventare un cappellano militare ufficiale, devi ricevere un’istruzione teologica superiore e tutti i permessi dal Ministero della Difesa”.

Come è cambiata la sua vita dopo il 24 febbraio?

“Prima vivevo sempre in parrocchia a Lviv. Ora un po’ lì e un po’ al fronte: la mia vita è divisa a metà. Vado nelle zone di guerra, con i militari, per portargli tutto quello di cui hanno bisogno: medicine, cibo e vestiti. Dieci giorni qui, dieci lì. È così da un anno. Ma non li aiuto solo fornendogli bene materiali perché il cappellano, prima di tutto, ascolta, sostiene, consola chi combatte. L’altro compito importante è stare vicino alle famiglie dei ragazzi che sono al fronte. Questo vale anche per le vedove e gli orfani. Qui al fronte c’è sempre l’opportunità di celebrare la liturgia, confessare, dare la comunione. Molti soldati vengono a confessarsi. Qualche volta amministriamo anche il sacramento del battesimo o del matrimonio. Certo, le condizioni sono le più estreme, ma nonostante tutte le difficoltà, la vita continua anche qui”.

Padre Yuriy Khamulyak celebra la messa

Qual è il suo rapporto con i militari?

“Posso assicurarvi che tutti i ragazzi hanno una grande fede in Dio. Ma molto dipende da come si pone il sacerdote. Se sei costantemente con loro nei momenti critici della guerra, senti un amore, un rispetto e un bisogno incommensurabili nel loro atteggiamento verso i tuoi confronti. Con il tuo esempio, se gli stai vicino e cerchi di predicare Dio con la tua vita, lo sentono davvero, si stringono intorno a te e sono molto aperti nei loro sentimenti”.

Può raccontarci qualche storia che l’ha colpita in modo particolare?

“Un giorno un comandante mi ha detto di andare a visitare un soldato in ospedale, che era stato mandato in missione ed era rimasto gravemente ferito. Il ragazzo, di soli diciotto anni, aveva bisogno di una sedia a rotelle. L’ho chiamato e gli ho detto che ne avevo trovata una. Ma poi, ho scoperto che le sue mani erano ferite e quindi non poteva usarla. Gliene serviva una elettrica, che però non avevo e non sarei riuscito a trovarla in poco tempo. Qualche minuto dopo, un mio amico – che non sapeva del ragazzo in ospedale – mi ha chiamato per dirmi che una sedia a rotelle elettrica era stata portata in chiesa e mi chiedeva se potesse servire a qualcuno. Questo è un esempio di come il Signore si prende cura di quei ragazzi, anche nelle situazioni disperate”.

Padre Yuriy Khamulyak

Secondo lei qual è il ruolo della Chiesa ortodossa russa in questa guerra?

“Per quanto riguarda la Chiesa russa, semplicemente non esiste per noi. Loro sono al servizio del FSB (ex KGB), quindi non è appropriato parlare di una chiesa russa nel contesto di un’invasione militare che benedice questa guerra e copre tutto questo. È impossibile chiamare chiesa questa organizzazione al servizio degli assassini”.

C’è qualcosa che è cambiato in lei dopo il 24 febbraio?

“Tutti siamo cambiati. Non solo io. Non sarà come prima, se sarà peggio o meglio non lo sa nessuno, ma sarà tutto diverso. Vinceremo sicuramente con l’aiuto di Dio, questa è un’esperienza molto amara e difficile, molti ragazzi sono morti, altrettanti sono menomati fisicamente e mentalmente. Tantissimi bambini sono rimasti orfani… Un ragazzo era andato a combattere come volontario, un giovane, padre di due figli, di 5 e 2 anni. Ha combattuto per dieci giorni ed è morto. Ho incontrato la vedova e i due bimbi. Lei mi ha raccontato come la figlia più grande, di soli cinque anni, ha raccolto tutte le cose di suo padre intorno a sé, ci si è appoggiata sopra e ha detto: ‘Come possiamo pregare Dio ora, se ogni giorno gli chiedevamo che nostro padre tornasse vivo? Ora non c’è più…’. Di situazioni del genere ce ne sono tante, purtroppo, ma sono sicuro che il Signore ci aiuterà a superare tutto questo, perché il Signore è sempre dalla parte della verità”.

Sofiya Ruda

Sono nata nel '97 a Lviv e vivo a Roma da quando avevo due anni. Laureata in Interpretariato e traduzione e in Lingue e letterature straniere, voglio diventare una giornalista per raccontare cosa succede ogni giorno nel mondo.